Il 5, 6 e 7 marzo si svolgeranno in tutto il Pubblico Impiego le elezioni per il rinnovo delle RSU e le lavoratrici ed i lavoratori pubblici potranno finalmente, con il loro voto, decidere da che parte stare.
Queste elezioni cadono nel mezzo di una crisi economica mondiale e strutturale in cui l'Italia è già ufficialmente dichiarata in recessione e nella quale un cittadino su quattro ha come prospettiva la povertà e l'esclusione sociale, come ci ricordano i dati ISTAT. In piena continuità con il governo Berlusconi, il governo “tecnico” di Monti ha come unico orizzonte per uscire dalla crisi quello della macelleria sociale, attuata attraverso un susseguirsi di manovre economiche pesantissime fatte di tagli alla spesa sociale (trasporti, sanità, istruzione), innalzamento dell'età pensionabile, attacco ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, in particolare quelli pubblici colpevoli di mantenere in vita con il proprio lavoro quotidiano quel poco di stato sociale ancora esistente e che il governo intende smantellare o privatizzare.

Il sogno che un governo composto da personaggi appartenenti al mondo della finanza, grandi affaristi e rettori di Università private potesse invertire la rotta a favore dei ceti popolari, non poteva che rivelarsi una misera illusione. E così è stato. Il pozzo senza fondo del debito “pubblico” – che di pubblico ha ben poco essendo per l’84% in mano a banche e finanziarie italiane ed estere- in nome del quale vengono continuamente richiesti sacrifici ai soliti noti, è in realtà un debito ILLEGITTIMO che non è il frutto di una spesa sociale aumentata – e che anzi diminuisce costantemente da 30 anni - ma di una bassa tassazione delle rendite finanziarie dei redditi alti, di speculazioni finanziarie e del salvataggio di banche private e imprese.

Le entrate imposte dalla politica lacrime e sangue, come anche quelle ricavate dalla lotta all’evasione fiscale, non contribuiranno ad aumentare i salari, a finanziare scuola e università, a migliorare i servizi e i trasporti, cioè a ridistribuire una parte della ricchezza che ci è stata tolta, ma continueranno a garantire i profitti a quell'1% che è responsabile della crisi economica e finanziaria. Noi, non siamo quindi in debito ma anzi, in credito di diritti e di salario e chi nel mondo politico come in quello sindacale persegue l’idea che questo debito illegittimo debba essere “onorato”, sa bene che ciò porterà ad ulteriori ed inimmaginabili sacrifici per i settori popolari dei paesi dell’area dell’Euro.

Ciò che sta avvenendo in Grecia e che vorrebbero estendere all’Italia, al Portogallo, alla Spagna è la dimostrazione concreta di quanto siano pesanti ed inutili le politiche di macelleria sociale imposte dalla Unione Europea e dalla Banca Centrale Europea. Siamo convinti che tutto ciò vada contrastato attraverso una forte mobilitazione che si ponga l’obiettivo del blocco delle politiche di austerità, attraverso la ripubblicizzazione dei servizi, l'aumento dei salari, la nazionalizzazione delle banche, la diminuzione dell'orario di lavoro, una seria politica di lotta all'evasione fiscale ed alla corruzione, la diminuzione delle spese militari. Per tutto questo, le elezioni RSU di marzo assumono per noi, lavoratori della pubblica amministrazione, un significato generale che va ben oltre quello della definizione delle delegazioni sindacali aziendali, per diventare invece una valutazione in merito alla bontà delle politiche di lacrime e sangue che si vuole continuare a perseguire con il sostegno dei sindacati concertativi.

Le elezioni delle RSU rappresentano quindi una grande opportunità per i lavoratori di scegliere, attraverso le loro candidature ed attraverso il loro voto, da che parte stare. Perché non è più tempo di indecisioni o tentennamenti: da un lato ci sono cisl uil ugl e cgil che con le loro politiche concertative e con la firma di accordi capestro hanno contribuito a determinare, anche attraverso la complicità più o meno evidente con i vari Governi, questo stato di cose, e dall'altro c'è chi, come USB, si è sempre opposto, con tutte le forme di lotta possibile, alle politiche di attacco al salario, ai diritti ed alla dignità dei lavoratori pubblici. Senza esitazione, senza trasformare la contrattazione sindacale in concertazione, complicità o cogestione.

Candidarsi e votare USB Pubblico Impiego rappresenta una scelta di campo, per marcare la differenza e anche per restituire ruolo ai rappresentanti eletti democraticamente dai lavoratori. Un ruolo che attraverso la riforma Brunetta è stato volutamente calpestato, relegandolo ad una funzione quasi notarile, ma al quale dobbiamo restituire centralità. Il brunettismo ha colpito duro nella Pubblica Amministrazione. La perdita del ruolo della contrattazione, il taglio del salario accessorio, l'attacco alla malattia ed al part-time ma soprattutto l'avvento della meritocrazia hanno lasciato un segno diretto e tangibile nei posti di lavoro.

La nostra opposizione a tutti questi provvedimenti è stata ed è tutt'ora evidente, ed oggi, dobbiamo pretendere la cancellazione definitiva della cosiddetta riforma Brunetta, che si è dimostrata nei fatti una vera e propria controriforma allo scopo di affossare, attraverso l'attacco ai lavoratori pubblici, lo stato sociale.
Con questo spirito e con questi obiettivi dichiarati, ci rapportiamo, a differenza degli altri sindacati, al governo Monti, nel confronto apertosi il 12 gennaio con il Ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi. Vogliamo e dobbiamo riconquistare diritti sviluppando all'interno dei posti di lavoro una conflittualità capace di respingere una meritocrazia che intende, apparentemente, colpire i fannulloni, ma che in realtà vuole dividere i lavoratori in buoni e cattivi, differenziando ulteriormente il salario e creando i presupposti per possibili licenziamenti, ulteriore tassello allo smantellamento della pubblica amministrazione. Uno scenario impensabile fino a qualche anno fa ma che invece sta diventando una tragica realtà, come dimostrano chiaramente i paventati 10.000 esuberi tra il personale civile del Ministero della Difesa, i 700 esuberi dell'INPDAP per effetto dell'accorpamento con l'INPS o le migliaia di lavoratori delle Province destinati alla mobilità coatta.

Ma i numeri sono decisamente destinati a salire, anche per effetto dei tagli del 10% agli organici previsto nel 2012 e dell'innalzamento dell'età pensionabile. Nonostante non ci siano ancora dati ufficiali si parla già con insistenza di molte decine di migliaia di esuberi: un esercito di lavoratori messi in mobilità, poi in cassa integrazione con lo stipendio all'80% e quindi licenziati se non troveranno una nuova collocazione. Parlare di esuberi in una pubblica amministrazione già ridotta ai minimi termini e che risente pesantemente dell'aumento dei carichi di lavoro e del blocco del turn-over significa nient'altro che dichiarare guerra allo stato sociale.

Difendere i lavoratori pubblici dal licenziamento significa difendere posti di lavoro, ma allo stesso tempo difendere i servizi pubblici come bene comune. La P.A. per garantire realmente il servizio pubblico ha bisogno di nuove assunzioni, della stabilizzazione dei lavoratori precari, altro che di licenziamenti! I lavoratori pubblici sono stati spudoratamente utilizzati come bancomat dal Governo Berlusconi e rischiano di continuare ad essere spremuti come limoni anche dal Governo Monti, rimanendo senza contratto per 8 anni. Fino al 2017 infatti non sono previste risorse per il rinnovo. Il contratto è un diritto per ogni lavoratore e dobbiamo esigere che parta immediatamente la trattativa per il rinnovo dei contratti, che in questo contesto assume un ulteriore valore concreto di ripresa del potere reale di acquisto dei salari.

Stabilizzazione del salario accessorio, diritto alla carriera e progressioni economiche per tutti, assunzione di tutti i precari sono i punti principali della nostra piattaforma che discuteremo insieme ai lavoratori nelle assemblee in ogni posto di lavoro. Nello smantellamento generale del sistema pubblico, particolarmente colpite sono state le pensioni e non a partire da oggi. Il vecchio sistema previdenziale pubblico, basato su un patto solidaristico generazionale, sarebbe stato in grado di garantire a tutti pensioni dignitose, se non fosse stato sovraccaricato dall'assistenzialismo alle aziende private.

La complicità di CGIL CISL e UIL nell'accompagnare le modifiche al sistema previdenziale pubblico, a partire dal passaggio dal retributivo al contributivo attuato con la riforma Dini, ha garantito la pace sociale, ricevendo come contropartita la gestione dei fondi integrativi. Il fondo Sirio, di recentissima costituzione, è solo l'ultimo in ordine di tempo, degli esempi che si possono fare su questo versante. Oggi il Ministro della Funzione Pubblica chiede ai sindacati di convincere i dipendenti pubblici ad aderire ai fondi pensione in cui gli stessi hanno le mani in pasta e che stentano a decollare perché i lavoratori, giustamente!, non intendono affidare i risparmi di un'intera vita lavorativa alla speculazione finanziaria e ai giochi di borsa.

USB, ha già esplicitato al Ministro l’intenzione di contrastare duramente il tentativo di fare decollare
i fondi pensioni integrativi a scapito del sistema previdenziale pubblico, portato avanti con la complicità di sindacalisti trasformati in broker finanziari. USB farà esattamente il contrario di quello che chiede il Ministro, continuando anche nel pubblico impiego la campagna già avviata, con ottimi risultati, contro lo scippo del TFR nel mondo del lavoro privato e chiedendo l'immediato rilancio della previdenza pubblica.
E' per questo che siamo contrari all'unificazione INPDAP-ENPALS con l'INPS che, nel contesto attuale e con questi presupposti, rappresenta un ulteriore passo verso lo smantellamento definitivo del sistema previdenziale.

Fonte: USB Pubblico Impiego
 

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