di Elio Clero Bertoldi

PARRANO (Terni) – Ventimila anni di età. Grosso modo. Età del bronzo medio. La statuetta venne creata, lavorando un pezzo di steatite o di ofiolite, da un artista del paleolitico superiore. Un sacerdote, forse. O uno sciamano. Venne ritrovata in una forra detta Fossa del Bagno Minerale, all’interno delle grotte “Tane del diavolo”, nell’Ottocento, nel territorio del piccolo comune di Parrano, in provincia di Terni. Undici centimetri di altezza mostra quella che gli studiosi definiscono una dea madre. Entra in una mano. La testa appare fasciata da un copricapo. Ben visibili gli occhi, il naso, la bocca, all’altezza dell’inguine una sorta di “V” per indicare l’organo genitale, mentre le gambe terminano a forma di rana, come in diversi altri casi di ritrovamenti non solo in Europa ed in Asia, ma anche in altre zone del mondo.
Le Tane sarebbero state una specie di santuario dell’epoca, in un luogo impervio, quasi inaccessibile da raggiungere, ma con all’interno aree con focolari o altari sui quali bruciare offerte – cereali soprattutto, ma anche animali (marmotte e stambecchi), dei quali sono stati recuperati resti bruciacchiati – alla divinità. Dunque un’area sacra. Non sono state rinvenute, infatti, tracce di vita comunitaria: il sito, insomma, suggerisce, per quanto emerso sino ad oggi, di non essere stata una grotta abitata da una famiglia o da un clan, ma, piuttosto, un luogo dedicato a riti arcaici, dunque esclusivamente a fini religiosi ed in cui, in alcuni punti, scorre l’acqua.
Purtroppo, anche in questo caso, i tombaroli hanno scavato, clandestinamente ed in tempi diversi dopo la scoperta, arraffando chissà cosa ed impedendo oltre tutto che si potessero studiare ed approfondire, attraverso un attento e puntuale esame stratigrafico, l’ambientazione e si potessero acquisire altri importanti particolari. Proprietà degli eredi della famiglia De Sanctis (lo scopritore fu Cesare De Sanctis, un laureato in scienze agrarie col pallino dell’archeologia), il suggestivo reperto è stato consegnato al Comune, che ha in progetto di musealizzarlo. L’idea – ormai in dirittura di arrivo – del sindaco Valentino Filippetti e dei suoi collaboratori, consiste nel porre la Venere verde in un locale del palazzo comunale, uno spazio di una ventina di metri quadri: la statuetta al centro e tutt’intorno gli altri reperti ritrovati alle Tane del Diavolo e in due tombe di Soriano, individuate nel 1993 e nel 2017.
Fino ad oggi la Venere viene custodita all’interno di un forziere chiuso a chiave, anche se i visitatori che ne facciano richiesta, hanno la possibilità di vederla ed ammirarla. Ma, certo, una collocazione più suggestiva – come quella che si sta cercando di realizzare – offrirebbe un colpo d’occhio diverso anche per i non esperti o non appassionati e pure per richiamare un maggior flusso turistico.
Le Veneri preistoriche – periodo della cultura Gravettiana – arrivate ai nostri tempi non sono poi tantissime. Spiccano quella di Hole Fels, in Germania, lavorata sull’avorio di zanna di mammuth; quella di Willendorf in Austria su pietra calcarea colorata con ematite; quella di Brassempouy, in Francia, ricavata dall’avorio di zanna di mammuth: una piccola ma bellissima testa; quella di Laussel pure questa in Francia; quella di Dolni Vestonice nella Repubblica Ceca, in ceramica; quella di Savignano di Modena, in serpentino; quella Ligure dei Balzi Rossi, al confine con la Francia, in steatite giallognola; quella del Lago Trasimeno in pietra scheggiata e priva, purtroppo, della testa e appunto questa di Parrano, con il suo colore verde.

 

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