Di Aurora Caporali

PERUGIA - Dopo le ben note violenze romane del 15 ottobre scorso, a undici giorni di distanza, viene lanciata un'assemblea “autoconvoca” presso l'Aula I/2 della Facoltà di Matematica, lo slogan è “Dopo il 15 non un passo indietro, neanche per prendere la rincorsa”.
Ponendo che quanto accaduto durante quella che doveva essere una manifestazione pacifica sia stato, di fatto, un passo indietro per quanto riguarda il movimento, c'è da capire quale sia l'opinione in tal senso dell'assemblea odierna.

Le associazioni studentesche di rappresentanza sono presenti come “uditrici”, infatti, nessuna delle note realtà associative di sinistra dello Studium perugino (Sinistra Universitaria-UdU, UP-Universitari Progressisti) è tra gli organizzatori.
Una ventina di studenti, in prevalenza della Facoltà di Scienze, approntano le prime considerazioni:
“il movimento degli Indignati è molto interessante, bisognerebbe parteciparvi come singoli, l'apartiticità è fondamentale”.

Il suddetto movimento risulta essere appena nato in Italia e, tranne che a Roma, risulta essere alquanto frammentario e composto da poche unità in sparute città, “a Perugia non siamo riusciti a radicarci” dice uno dei due esponenti “indignati” presenti sul territorio e conclude “il movimento politico di solito è un qualcosa di chiuso, tra tessere, identificazioni di parte etc, invece noi ci proponiamo di stare nelle piazze e aprirci al confronto collettivo”.

Bruscamente un intervento devia la conversazione: “Alcune risposte violente sono comprensibili, dipende anche dalle provocazioni reazionarie che si subiscono... cioè, la crisi del capitale mondiale che si manifesta sui tagli delle borse di studio non è una questione secondaria... decideremo le pratiche di protesta in base alle contingenze” afferma un esponente degli “autoconvocati”perugini.
La discussione, dopo i primi interventi, comincia a diventare confusa: le tematiche locali-nazionali-di “pratica politica” si intrecciano senza un ordine, diventa difficile tracciarne una mappa.

Interviene, per ultimo, Leonardo Esposito, coordinatore Sinistra Universitaria-UdU, “il problema del 15 è inerente non alle pratiche di lotta in sé, ma è legato al tema delle pratiche come condivisione degli obiettivi minimi da raggiungere” e aggiunge “è successo quello che è successo perché c'era un'ambiguità di fondo sin dal comitato promotore , le questioni erano moltissime e condivisibili, le pratiche di protesta attuate di certo non lo erano e sono state rifiutate da tutti gli Indignati internazionali”, prosegue “come prospettive realistiche che ci diamo anche a livello locale dobbiamo trovare una via comune, altrimenti la strada non potrà essere condivisa”, “è fondamentale creare un'opinione comune in merito ai vari temi quali diritto allo studio, rifiuto dello status quo finanziario”, e conclude “mi sento di tracciare una linea in merito a quanto è successo e ritengo fondamentale avere uno spirito democratico trasversale con il quale andare in piazza”.
L'assemblea si conclude senza un documento e senza proposte, ma si fissa un altro appuntamento per discutere ancora.

Si parla di autogestioni si parla di conflitto si parla di una serie di argomenti concepiti a caso per lo più... e si parla... e si parla... e l'Università non ha più voce.
 

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