Parafrasando Gioacchino Rossini, nel testo della “riforma Fornero” c’è del buono e c’è del nuovo. Ma non tutto ciò che è nuovo è buono e non tutto ciò che è buono è nuovo. La “novità” che cancella il principio alla base dell’art.18 è un errore che va emendato. Infatti, questa porzione di provvedimento ha davvero poco a che fare con lo spirito riformistico dei professori, tanto da apparire sotto le specie di un agguato politico, preparato con l’obiettivo di inserire un cuneo tra noi e il governo, isolare la CGIL e alimentare le divisioni all’interno dei democratici. Un vecchio schema reintrodotto in maniera surrettizia e che Bersani ha fatto bene a denunciare e fermare con grande determinazione.

Oggi il nostro Paese non ha bisogno di scontri laceranti né di crociate ideologiche né, tantomeno, di usurare oltremisura una coesione sociale già particolarmente provata dalla crisi economica, dalla disoccupazione e da un’ insostenibile precarietà. Di questo hanno avuto sentore gli italiani rispondendo ad un recentissimo sondaggio di Renato Mannhaimer con cui si è registrato il chiaro sintomo di una crescente disaffezione verso il governo in carica. In ogni caso, è il paese reale che ha reagito, con la CISL manifestamente perplessa, con le critiche durissime di altre sigle sindacali e con un diffondersi di manifestazioni e scioperi un po’ dovunque.

Mario Bravi, segretario della CGIL dell’Umbria, invita i parlamentari umbri a difendere in aula i diritti e il lavoro. A questo invito non intendo sottrarmi e poiché ritengo che il governo sull’art.18 sia incorso in un errore, non avrò difficoltà a sostenere le ragioni che opportunamente spingono alla modifica del provvedimento. Sul punto lo stesso Bersani è stato chiaro sin dall’inizio: il PD non può accettare che nei licenziamenti per motivi economici la monetizzazione sia la via esclusiva. Noi siamo per l’adozione del modello tedesco rispetto al quale neppure l’onnipotenza dei mercati ha avuto nulla da eccepire.

Ci sono tutte le condizioni per cambiare in meglio questa riforma: in Parlamento troveremo il modo per ragionare e discutere con le altre forze politiche, senza con ciò pretendere di issare bandiere e bandierine del PD. Però si tratta di un passaggio fondamentale, che riguarda l’idea di società che abbiamo in testa. Noi abbiamo appoggiato la nascita dell’esecutivo guidato da Monti perché vogliamo tenere assieme un Paese stremato anche dal fallimento del governo precedente che ha scaricato sugli italiani un debito enorme, tasse e costi sociali inauditi.

Altri decreti del governo Monti sono giunti in aula e sono stati approvati con positive e rilevanti modifiche grazie all’impegno del PD. Accadrà anche questa volta.

Carlo Emanuele Trappolino

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