SPOLETO - Ci lascia dir poco basiti la lettera dello scorso 3 luglio del Ministero dell'Ambiente, nella quale si invitano le Regioni e le Province Autonome a non autorizzare la pre apertura alla tortora, tra l'altro al termine di una dissertazione in cui si afferma, al contrario, che la caccia è sostenibile in Italia, e che le possibilità di caccia alla specie sono ridotte proprio alla pre apertura.

"Basiti", sì: è l'unico termine che ci viene in mente per descrivere il nostro stato d'animo: basti pensare che quello stesso Ministero, fino a pochi giorni fa, era concorde con l'Ispra  nell'accordare alle Regioni e Province autonome italiane due giornate di pre apertura e un prelievo di venti capi all’anno per cacciatore. Dopo la lettera del Ministero, guarda un po' il caso, anche l’Ispra ha cambiato idea e propone la sospensione della pre apertura.

Come Federcacciatori, ma ancor prima come cittadini, riteniamo inaccettabile questo radicale cambiamento di vedute, che giunge nel bel mezzo della promulgazione dei calendari venatori, anzi in alcuni casi a calendari venatori già deliberati. La proposta del Ministero è totalmente infondata dal punto di vista scientifico, non trovando alcuna giustificazione se non sulle personali idee e sull'emotività di chi ne è autore. A tal proposito, gradiremmo sapere cosa pensano, sull'argomento, gli esponenti della Lega Nord, a cominciare dal Ministro dell'Interno Matteo Salvini, da sempre vicino al mondo venatorio. Si dice che la politica sia l'arte del compromesso: non vorremmo che anche la caccia, materia delicata poiché parte integrante dell'equilibrio fra specie e della biodiversità, fosse stata inserita nel novero dei compromessi che la convivenza tra realtà politiche così distanti fra loro, come quelle attualmente al governo, comporta.

Come sempre poggiandoci su dati scientifici inconfutabili, riconosciuti a livello comunitario, la nostra associazione sta già fornendo i giusti suggerimenti a tutti gli enti regionali e provinciali autonomi d'Italia, affinché in tutta tranquillità possano mantenere o stabilire la caccia alla specie tortora in pre apertura, che tra l'altro in Umbria è tradizione ultraventennale.

Nel dettaglio, la tortora è studiata con alcuni programmi nazionali di monitoraggio delle popolazioni. La specie, in Europa, è suddivisa in tre sub popolazioni con altrettante linee di rotta migratoria. La linea che interessa l'Italia è caratterizzata da una generale stabilità della popolazione negli ultimi 15 anni, come si evince dal progetto MITO2000, il più importante programma di monitoraggio delle popolazioni di uccelli nidificanti: di più, oltre il 90% degli abbattimenti realizzati dai cacciatori italiani riguardano animali nati in Italia, dunque non vi è alcuna incidenza con lo stato di conservazione complessivo della specie.

La tortora, come molte specie di avifauna migratoria, soffre di una mortalità naturale inter annuale intorno al 50%. Questo significa che il prelievo venatorio, eseguito all’inizio della migrazione riproduttiva, insiste sulla popolazione più numerosa, prima che abbia luogo una parte importante della mortalità. Secondo i modelli di dinamica di popolazione, questo è il periodo in cui il prelievo venatorio è compensatorio della mortalità naturale, senza portare a un aumento complessivo della mortalità totale.

I dati a disposizione, che riguardano il periodo 2000-2014, mostrano una situazione stabile, a dimostrazione che la gestione venatoria in questi anni non ha influito negativamente sulla demografia della popolazione italiana riproduttiva. Di conseguenza non vi sono motivi per non consentire la caccia in pre apertura, che si è sempre svolta nel corso del periodo del monitoraggio.

Tra l'altro, in alcune regioni come Friuli, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Calabria, Puglia e Sicilia sono già disponibili i report regionali, che dimostrano aumento o stabilità delle popolazioni nidificanti. Un dato utile può venire anche dalle serie dei prelievi. Ci auguriamo che anche la Regione Umbria si attrezzi in tal senso nel più breve tempo possibile, onde evitare attacchi strumentali da parte di chi, per pura ideologia personale, è nemico del nostro mondo.

La scienza, e non le chiacchiere, dimostrano che i cacciatori italiani prelevano in misura preponderante le tortore nate o riprodottesi in Italia. Per questo motivo la gestione venatoria della specie è valutabile positivamente alla luce dei risultati di tendenza della popolazione italiana. Giova a questo punto ricordare come le azioni migliorative ambientali, quali ad esempio le colture a perdere di girasole o il ripristino delle siepi interpoderali, sono da ascriversi interamente al mondo venatorio, attraverso i bandi degli Ambiti territoriali di caccia o tramite interventi diretti delle associazioni venatorie. Sarebbe oltremodo ingiusto penalizzare l'unica categoria che, in Italia, lavora in maniera concreta e spende di tasca propria per il mantenimento e l'incremento delle popolazioni selvatiche, siano esse cacciabili oppure protette.

Per tutti i motivi di cui sopra ci auguriamo una risposta celere e di buon senso da parte della nostra Regione, come anche da parte di quelle limitrofe con le quali spesso interagiamo.

 

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