La Procura della Repubblica di Terni indaga su un buco da 18 milioni di euro della diocesi di Terni. Ipotesi di reato avanzate dal pm Elisabetta Massini: truffa e bancarotta.

L’indagine ruota intorno a speculazioni immobiliari, che avrebbero praticamente svuotato le casse della Curia ternana creando un buco di 18 milioni di euro e forse anche più, compiute da società intestate a soggetti con ruoli importanti all’interno della diocesi quando vescovo era Mons. Vincenzo Paglia: dal palazzo delle Scuole Orsoline di Terni, all’immobile del Grand Hotel Terme Salus di Viterbo, ma anche tante altre operazioni. L’indagine della Procura ternana si affianca agli accertamenti avviati dal successore di Paglia, Mons. Ernesto Vecchi, incaricato dalla Santa Sede per scoprire che fine hanno fatto i 18 milioni di euro che mancano dai bilanci della Curia ternana. L’attenzione della Procura ternana si incentra su acquisizioni, a prezzi stracciati, di alcune strutture di proprietà della Chiesa e anche di alcuni amministratori locali, compiute da aziende riconducibili a soggetti che per anni hanno collaborato con Mons. Paglia.

 

Monsignor Paglia, vescovo di Terni dal 2000 al 2012 e oggi in Vaticano come presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, afferma di non aver ricevuto alcun avviso di garanzia e dice che “tutto si è svolto in maniera regolare”. Paglia afferma inoltre che aveva nota la sofferenza economica in cui versava la Curia ternana. “C’era un problema già nell’amministrazione precedente e poi abbiamo intrapreso la costruzione di vari complessi parrocchiali. Il denaro usato per la ristrutturazione di immobili e di chiese, che doveva rientrare dalla casse parrocchiali, non è arrivato e ciò ha aggravato il debito sul quale già pesavano anche alcune acquisizioni di immobili per uso della diocesi. Era stato fatto un ripiano attraverso la vendita di alcuni immobili non più utilizzati. La crisi ha reso tutto più difficile. Abbiamo preferito non svendere gli immobili, ma questo ha fatto sì che le esposizioni bancarie pesassero in maniera pesantissima. Tutto è stato fatto in accordo con i consigli di amministrazione e con l’Istituto per il sostentamento del clero”.

 

L’ultima “spericolata” operazione venuta alla luce, riguarda il castello di San Girolamo di Narni. Questo immobile fu ceduto dal Comune di Narni per un milione e 760 mila euro; ad acquistarlo furono tre società con quote diverse: la “Sim, Società iniziative immobiliari” con una quota di 700 mila euro, la Diocesi di Terni con 900 mila euro e l’Ente Seminario Vescovile di Narni con 160 mila euro. La Sim è una Società i cui proprietari sono Luca Galletti e Paolo Zappelli, due persone con incarichi di risalto all’interno della diocesi. Il primo è stato presidente dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Terni fino al 2012 e ora direttore tecnico della Curia, il secondo ha ricoperto l’alto incarico di economo e ora è direttore dell’ufficio amministrativo della Curia.

 

Sia Galletti che Zappelli risultano essere immischiati in molte altre società e operazioni immobiliari. Il castello in questione, doveva essere trasformato in un lussuoso albergo: ma finora non c’è traccia del progetto di ristrutturazione. La Procura sta cercando di trovare una spiegazione a questo investimento. A quanto pare negli accordi è stata inserita una clausola di recesso per i due istituti religiosi: il sospetto è che la partecipazione della Diocesi di Terni e del Seminario Vescovile fosse solo una copertura e che la gestione immobiliare sarebbe quindi stata lasciata in esclusiva alla società Sim di Galletti e Zappelli. Venerdì scorso la polizia ha sequestrato documenti presso il Comune di Narni.

Il “commissario” della diocesi ternana inviato dal Vaticano, l’amministratore apostolico Ernesto Vecchi, affrontando per la prima volta l’argomento del buco ha dichiarato: “Anche io ho qualche guaio risolvibile, qualche debituccio. I debiti ci sono, bisognerà cercare di risolvere i problemi insieme. Io cercherò di preparare la via a un giovane vescovo”.

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