PERUGIA - Una sentenza del Consiglio di Stato del febbraio scorso conferma quanto stabilito dal Tar dell’Umbria nel 2018, partendo dal presupposto -ancora una volta- che l’attività agrituristica è attività agricola e non commerciale.

Confagricoltura Umbria scende ancora una volta in campo a difesa delle aziende agrituristiche. Questa volta, per chiedere ai Comuni una specifica applicazione della Tari.

Nella determinazione delle tariffe della tassa sui rifiuti, infatti, i comuni della regione continuano a equiparare l’attività agrituristica a quella alberghiera, con conseguenti aliquote più elevate, senza tenere in considerazione il pronunciamento del Tar dell’Umbria del febbraio 2018, confermato dal Consiglio di Stato nel febbraio di quest’anno, che chiarisce bene come agli agriturismi debbano essere applicate tariffe specifiche, che tengano conto dei principi di proporzionalità e adeguatezza, nonché delle caratteristiche specifiche del settore agrituristico che è, per legge, considerato attività agricola e non commerciale.

“Ai fini Tari, -spiega Confagricoltura Umbria- l’attività agrituristica, sebbene sia da classificarsi come utenza non domestica, non deve automaticamente essere equiparata a quella commerciale, proprio perché la legge stessa tende a distinguerle con precisione. Il Consiglio di Stato -prosegue il sindacato degli agricoltori- ha confermato la posizione del Tar dell’Umbria in tal senso e, di più, ha escluso che alle aziende agrituristiche possano essere applicate tariffe con il cd metodo normalizzato.” 

Le amministrazioni, infatti, quando un’attività non è classificata in una specifica categoria all’interno del Regolamento Tari comunale, come nel caso dell’agriturismo, tendono ad assimilarla a categorie affini, come appunto è considerata quella alberghiera, che però, a quanto pare, affine non è per legge.

Sul tema è intervenuto anche l’IFEL, l’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale, che ha posto all’attenzione delle amministrazioni locali la necessità di determinare le tariffe Tari per gli agriturismi, tenendo conto della specificità dell’attività svolta, della stagionalità e della minore capacità ricettiva rispetto agli alberghi ed, eventualmente, anche dell’effettuazione del compostaggio in loco della frazione organica, condizione per accedere ad ulteriori, specifiche riduzioni.

“Dobbiamo anche tenere conto - conclude Confagricoltura Umbria- che gli agriturismi rispondono anche all’esigenza di recuperare il patrimonio edilizio rurale e che, per molti di essi, l’attività ricettiva rappresenta una fonte di reddito alternativa alla semplice agricoltura, soprattutto in quei territori in cui la sola attività agricola non sarebbe di per sé economica, ma dove la presenza degli agricoltori è l’unico presidio per evitare lo spopolamento e il rischio idrogeologico.”

Al momento, dunque, Confagricoltura Umbria sta monitorando la situazione sull’intera regione, sostenendo le aziende interessate, che si riservano la possibilità di eventuali azioni nei confronti dei comuni, ritenendo che -alla luce delle sentenze suddette- alcuni regolamenti Tari possano essere anche considerati nulli, in quanto in contrasto con la giurisprudenza nazionale.

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