Signor Ministro,

l’occultamento di alcune antiche statue dei Musei Capitolini di Roma ha suscitato nel mondo ilarità e battute ironiche; ma neppure il più feroce sarcasmo è capace di far intendere la gravità di un atto che nega il valore supremo della bellezza, la libertà di espressione, l’eticità dell’arte, manifestazione dell’essenza umana. 

Alle creazioni dell’operosità dell’uomo illuminate dallo spirito è dovuta la massima reverenza, in sintonia con l’ammonimento di John Ruskin: «When we build, let us think that we build for ever. Let it …. be such work as our descendants will thank us for, and let …. men will say as they look upon the labour and wrought substance of them: “See! this our fathers did for us.» (The Seven Lamps of Architecture, 1849).

L’eredità degli avi va mostrata con orgoglio, non nascosta, protetta con ogni cura e non manomessa: non possono più essere tollerati atteggiamenti di servile condiscendenza - troppo spesso constatati - nei confronti di iniziative che attentano al decoro e all’integrità del patrimonio culturale della Nazione.

 Neanche l’intervento del Presidente della Repubblica sembra sia ancora bastato a bloccare, tra l’altro, il progetto di oscuramento delle Logge dei Tiratori di Gubbio con duemila metri quadrati di vetri e tendaggi. Eppure - ha notato il costituzionalista Paolo Maddalena - la presa di posizione del Capo dello Stato in difesa del singolare monumento eugubino ha “un altissimo valore di indirizzo”, che il Ministro competente non può disattendere.

Nella drammatica situazione odierna, tornano di attualità le parole dettate da Leonardo Sciascia dopo il furto della Natività di Caravaggio a Palermo: «Sono sempre stato dell’opinione che l’Italia - cioè lo Stato, gli enti locali e ogni altra pubblica amministrazione - dovrebbe rinunciare totalmente e definitivamente, alla custodia e manutenzione delle opere d’arte.  …. L’Italia è il paese dell’arte: ma le opere d’arte vadano in malora. Ancora una volta dobbiamo amaramente constatare che questo non è un paese civile.» (“I quadri e il resto”, L’ora, Palermo, 20-21 ottobre 1969).

L’opinione pubblica internazionale attende immediati e inequivocabili segni di svolta: l’antico giardino d’Europa non può essere condannato alla desolazione.

Franco Raffi, Segretario Generale

Condividi