Sel Umbria, Agenzia forestale :"Tutelare i lavoratori e tutti i cittadini"
Con la legge regionale 18/2011 si sono chiuse le Comunità Montane e si è istituita l'Agenzia forestale regionale, che è diventata operativa dal settembre 2012.
A distanza di tre anni, come era prevedibile, vengono al pettine alcuni nodi cruciali che non sono stati affrontati con la dovuta determinazione, dalla gestione delle risorse finanziarie derivate dalla progettazione e da accordi con altri enti alla sottovaluzione delle potenzialità che questo ente potrebbe avere in merito a temi di grande e drammatica attualità: controllo del dissesto idrogeologico, salvaguardia del territorio e bonifica idraulica.
Anche il problema di cassa dell'agenzia che è emerso col mancato pagamento degli stipendi di luglio è frutto di una sottovalutazione: l'Agenzia si finanzia prevalentemente con fondi europei, che vengono erogati dai 18 ai 24 mesi dopo la spesa. Bisognerebbe dunque garantire una adeguata anticipazione di cassa per evitare che lo scarto temporale crei problemi ai lavoratori e ai fornitori.
Nel frattempo, forse per aumentare la confusione, qualche assessore regionale pensa di riunificare l'Agenzia e le disciolte comunità Montane, in quanto a distanza di tre anni ancora non è concluso il processo di liquidazione di quegli enti.
Bene ha fatto dunque il consigliere di Umbria più uguale, Giuseppe Biancarelli, a richiamare l'attenzione su un problema che va affrontato al più presto, a tutela dei lavoratori e di tutti i cittadini umbri.
Perugia, 12 agosto 2015
Fausto Gentili,
Coordinatore Regionale Umbria
Sinistra Ecologia Libertà
Giovedì
13/08/15
10:47
La assoluta approssimazione con cui la Regione,Giunta e Consiglio,hanno gestito la chiusura delle Comunita' Montane che discretamente davano e poco costavano,in proporzione,meriterebbe un passaggio nei famosi campi rieducativi di molti amministratori.
In sintesi:nel processo semplificativo degli Enti si e' puntato in Umbria alla chiusura delle Comunita' Montane,chissa' perche', traferendo le competenze forestali ad una Agenzia Regionale (senza reali finanziamenti e anticipazioni di cassa) e trasferendo gli aspetti progettuali e di gestione in comune a costituende unioni comunali (mai viste)dove riallocare il personale.
Il tutto avrebbe dovuto portare a importanti miglioramenti e risparmi.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti!.Per molto beno amministratori delegati di Fiat,Nestle' e chi piu' ne ha piu' ne metta,sarebbero rapidamente mandati altrove,con la richiesta di danni.
Venerdì
14/08/15
17:29
Il problema delle comunità montane si deve inquadrare in quello più vasto della organizzazione del nostro stato.
Purtroppo la organizzazione in regioni e comuni é stata condizionata dalla presenza di comunità culturali presenti sul territorio italiano che in alcuni casi vantavano origini antiche.
Oggi uno stato moderno deve operare prioritariamente per macro aree, non culturalmente o storicamente omogenee, bensi' "economicamente" omogenee.
L'intuizione si deve alla fondazione Agnelli che già qualche decennio fa mise in risalto l'errore organizzativo iniziale, seppure scusabile per il diverso contesto storico.
Oggi l'Itala potrebbe benissimo essere governata da un organismo centrale che detta le politiche generali e un numero molto contenuto di macro aree che potrebbero attuare, in un quadro di politiche generali, i necessari aggiustamenti per tenere conto dei territori economicamente svantaggiati che si trovano al loro interno.
Una struttura organizzativa di questo tipo però non basterebbe. Ci sarebbero comunque tematiche unitarie che riguarderebbero più macroregioni.
Queste tematiche, (viabilità secondaria su gomma, pulizia e manutenzione dei corsi d'acqua, dissesti idrogeologici,sistemazioni di aree montane degradate o in abbandono ecc) o si accentrano a livello statale o organizzativamente si decentrano in una ottica che supera i confine delle macroaree e ne costituisce altre trasversali che potrebbero anche trovarsi in macroaree diverse.
Dividere questo tipo di problemi in relazione ai confini regionali è una assurdità organizzativa, in quanto non si potrebbe operare nelle aree di confine. E'evidente che non si può regimentare un corso d'acqua senza valutare l'organismo "fiume" nel suo complesso.
La stessa cosa vale per le aree montane che quindi devono perseguire una politica riferita alla intera zona da salvaguardare, proteggere o controllare senza irragionevoli spezzettamenti come avviene oggi.
Poi ci sono da valutare, le dotazioni logistiche, umane. i risparmi e i pagamenti... ma solo dopo.