di Giorgio Airaudo

Renzi deve dare la «prova d’amore» all’Europa dell’austerità, altro che pugni sul tavolo e cami­cie bian­che, quelli ser­vono per la stampa nazio­nale codina e pro­vin­ciale verso il potente di turno. E il pegno d’amore è ciò che resta dell’articolo18, svuo­tando il rein­te­gro pre­vi­sto oggi, in alter­na­tiva all’indennizzo, per i soli casi in cui il magi­strato accerti la discri­mi­na­zione nasco­sta dal licen­zia­mento per motivi eco­no­mici. E in sovrap­più la pro­se­cu­zione dello sgre­to­la­mento dello sta­tuto dei lavo­ra­tori attra­verso, tra l’altro, la can­cel­la­zione del divieto di demansionamento.

Attra­verso il tra­sfe­ri­mento nel set­tore pri­vato di quanto pre­vi­sto per il pub­blico con il decreto legge 90/2014 e l’eliminazione del divieto sul con­trollo a distanza dei lavo­ra­tori senza nep­pure con­tem­plare il coin­vol­gi­mento delle rap­pre­sen­tanze sin­da­cali dei lavo­ra­tori. Que­ste sono le modi­fi­che pre­sen­tate dal governo in senato all’articolo 4 del Job Act.

E men­tre il con­tratto a tutele pro­gres­sive riguar­derà i nuovi assunti, pro­se­guendo così nella mol­ti­pli­ca­zione dei mer­cati del lavoro e nella divi­sione dei diritti, le altre pre­vi­sioni riguar­de­ranno anche i con­tratti in essere.

Il Governo chiede al Par­la­mento una delega in bianco, che per adesso verrà usata nella dia­let­tica interna alla mag­gio­ranza e per­met­terà alle com­po­nenti del Pd di poter dire che si guarda alla cop­pia Ichino/Sacconi senza scon­ten­tare Damiano, pronti — dopo la dire­zione dei primi di otto­bre — a usare il «ran­dello» della fidu­cia se alla camera si pro­vasse a difen­dere e a esten­dere diritti e tutele per i lavoratori.

La nuova tipo­lo­gia con­trat­tuale a tempo inde­ter­mi­nato non sarà più solo spe­ri­men­tale (come è pre­vi­sto ora dal testo) ma andrà subito a regime senza che la delega sta­bi­li­sca quali altre tipo­lo­gie con­trat­tuali dovranno essere con­ser­vate e/o quali modi­fi­cate. D’altronde, sino a oggi, nono­stante le molte dichia­ra­zioni, nes­sun governo ha ridotto la ple­tora dei con­tratti esi­stenti (45 secondo una stima della Cgil), se si esclude la sop­pres­sione del con­tratto d’inserimento fatta da For­nero. Su que­sto tema l’unico prin­ci­pio con­te­nuto nella delega è asso­lu­ta­mente vago e chiede che il governo valuti «l’effettiva coe­renza con il tes­suto occu­pa­zio­nale e con il con­te­sto pro­dut­tivo nazio­nale e inter­na­zio­nale» dei con­tratti esistenti.

Ciò non vuol dire che i con­tratti pre­cari ver­ranno sosti­tuiti dal con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato a tutele cre­scenti, ma che cer­ta­mente ci saranno sostan­ziali modi­fi­che peg­gio­ra­tive per il con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato. D’altra parte “sem­pli­fi­care” non vuol dire ridurre il numero dei con­tratti, se non in un’accezione molto ampia, e il nuovo con­tratto sem­bra desti­nato sem­pli­ce­mente ad aggiun­gersi agli altri con­tratti precari.

Nel nuovo con­tratto a tempo deter­mi­nato le tutele cre­scenti sono gene­ri­ca­mente cor­re­late all’anzianità di ser­vi­zio, senza uno strac­cio di cri­te­rio diret­tivo tem­po­rale per la matu­ra­zione delle tutele o di prin­ci­pio per la deter­mi­na­zione dell’anzianità di ser­vi­zio. In que­sto modo, si potrebbe supe­rare anche quel ter­mine già abnorme di tre anni che spesso è stato indi­cato come limite mas­simo per il lungo periodo di prova che que­sto con­tratto determina.

Si pre­vede anche l’introduzione, in que­sto caso «even­tual­mente anche in via spe­ri­men­tale», del com­penso ora­rio minimo, appli­ca­bile ai rap­porti di lavoro subor­di­nato, esten­den­dolo anche ai rap­porti di col­la­bo­ra­zione coor­di­nata e con­ti­nua­tiva, nei set­tori non rego­lati da con­tratti col­let­tivi sot­to­scritti da parti sociali rap­pre­sen­ta­tive sul ter­ri­to­rio nazio­nale. Que­sta ipo­tesi sconta oltre alla rinun­cia alla con­trat­tua­liz­za­zione di que­sti lavo­ra­tori anche la man­cata indi­ca­zione dei minimi con­trat­tuali che per non creare altro lavoro povero dovreb­bero essere uguali ai minimi pre­vi­sti nei con­tratti nazio­nali assimilabili.

Ma l’argomentazione più odiosa che viene ripro­po­sta dalla impro­pria reto­rica dell’apartheid fatta dal pre­mier nel suo discorso alla camera su «chi è più di sini­stra» è la ripro­po­si­zione della con­trap­po­si­zione tra gio­vani e anziani, tra garan­titi e non garan­titi, un vero e pro­prio falso ideo­lo­gico, abbon­dan­te­mente usato nel ultimo decen­nio dalla reto­rica neo­li­be­ri­sta e subìto dalla sini­stra che neces­si­tava e neces­sita di accre­di­ta­mento. Un falso oggi smen­tito anche scien­ti­fi­ca­mente dal pode­roso lavoro di Tho­mas Piketty «Il capi­tale nel XXI secolo», da cui emerge che la disu­gua­glianza intra-generazionale è di gran lunga mag­giore della disu­gua­glianza inter­ge­ne­ra­zio­nale. Altro che padri con­tro figli.

Pos­sono defi­nirsi di sini­stra solo poli­ti­che che i diritti li esten­dono e li mol­ti­pli­cano, non quelle che li divi­dono e li sottraggono.

Condividi