Luciana Castellina

 

Appena rice­vuto l’incarico per for­mare il nuovo governo, Tsi­pras ha fatto due cose per niente for­mali: è andato a Kesa­rianì, dove, nel 1944 200 par­ti­giani greci furono fuci­lati da fasci­sti e nazi­sti, e si è rifiu­tato — primo pre­si­dente del con­si­glio nella sto­ria del paese – di baciare la Bib­bia e ingi­noc­chiarsi davanti al capo della Chiesa Orto­dossa. Tanto per chia­rire gli equi­voci che avreb­bero potuto nascere sulla scelta com­piuta: l’accordo con Panos Kam­me­nos, lea­der di Anel, i greci indi­pen­denti fuo­ru­sciti da «Nuova Demo­cra­zia», 13 depu­tati deci­sa­mente di destra e osse­quienti alla religione.

Equi­voci infatti nell’immediato ce ne sono stati. Quando la noti­zia della deci­sione ha comin­ciato a dif­fon­dersi ero ancora ad Atene e ho così potuto con­di­vi­dere con qual­che com­pa­gno di Siryza le rea­zioni all’accaduto. Inu­tile negare: sor­presa, imba­razzo, anche incom­pren­sione. Peg­gio quando ho incro­ciato gli ita­liani della Bri­gata Kali­mera che si erano attar­dati a rien­trare in patria dopo la festosa not­tata di dome­nica. Dio mio, il patto del Nazareno?

Io credo che il nostro com­pa­gno Ale­xis abbia fatto la cosa giu­sta. E da quel che mi dicono al tele­fono gli stessi che lunedì mat­tina mani­fe­sta­vano le loro per­ples­sità mi sem­bra che, nel suo insieme, il par­tito, pas­sato il primo momento, abbia capito il senso della scelta com­piuta da Tsipras-primo mini­stro. Che peral­tro non tra­di­sce il man­dato del comi­tato cen­trale di Siryza, l’ultimo prima del voto: nes­sun com­pro­messo con chi ha fir­mato l’odioso Memo­ran­dum della Troika. Gli unici a non averlo fatto – se si esclu­dono i fasci­sti di Alba dorata – sono pro­prio quelli di Anel. Anche il Kke, natu­ral­mente, che con i suoi ben 15 depu­tati avrebbe potuto costi­tuire la più ovvia delle alleanze. Ma sapete tutti che gli ultimi filo­so­vie­tici (chissà di quale Urss), sin dall’inizio hanno detto che non avreb­bero mai col­la­bo­rato con un governo di Siryza per­ché pro-europea. Salvo, subito dopo la sua cla­mo­rosa vit­to­ria, aprire uno spi­ra­glio ad un voto posi­tivo su sin­goli prov­ve­di­menti che «il popolo» (cioè il Kke) giu­di­cherà buoni. Troppo poco per for­mare il governo, che aveva biso­gno, subito, di almeno altri due depu­tati, non male in prospettiva.

Lasciamo da parte l’equazione più assurda ( quella Tsi­pras = Renzi), pur evo­cata da qual­che scon­si­de­rato twit­ter, e per due buone ragioni: Siryza ha fatto una cam­pa­gna elet­to­rale in cui la sua iden­tità di sini­stra è stata sem­pre riaf­fer­mata con grande forza e , coe­ren­te­mente, il suo pro­gramma è tutto mirato a dare rap­pre­sen­tanza agli inte­ressi dei più poveri (il con­tra­rio del job act, come è stato scritto). Inol­tre il com­pro­messo con Anel è lim­pido e «di scopo»: chia­ra­mente limi­tato alla duris­sima con­trat­ta­zione con la troika.

Si tratta di una scelta molto dura, corag­gio­sis­sima e anche rischiosa come tutto ciò che si fa per corag­gio. Sarebbe stata più facile una pru­dente alleanza con i cen­tri­sti, che avreb­bero però con­di­zio­nato il governo pesan­te­mente, spin­gen­dolo ad una logo­rante media­zione, e poi a un par­ziale cedi­mento. Era quello che auspi­cava Bru­xel­les. Tsi­pras ha deciso invece di andare al brac­cio di ferro. Per­chè quello che Siryza chiede non è un aggiu­sta­mento un po’ meno rigo­roso, ma un muta­mento sostan­ziale della linea di poli­tica eco­no­mica dell’Unione Euro­pea. Per que­sto non si è limi­tata a chie­dere una dila­zione nel paga­mento del pro­prio debito ma una Con­fe­renza straor­di­na­ria che affronti il pro­blema della crisi, non solo della Gre­cia, in tutta la sua com­ples­sità. Vale a dire l’occasione per affron­tare non solo le maga­gne gre­che, ma anche quelle degli altri paesi, per varare regole nuove e diverse da quelle sta­bi­lite nel 2012 dal trat­tato sui bilanci. A comin­ciare da una uni­fi­ca­zione della poli­tica fiscale, per porre fine alla pra­tica del dum­ping alle­gra­mente usata dai più forti, e di un più intel­li­gente rap­porto fra livello del defi­cit e livello degli investimenti.

Il nuovo esecutivo non tradisce il mandato del comitato centrale della Sinistra Radicale greca che è: «Nessun compromesso con chi ha firmato l’odioso Memorandum della Troika»

È ben para­dos­sale che la troika, e con lei tutti i c.d. ben­pen­santi euro­pei­sti, stia facendo due cose asso­lu­ta­mente con­trad­dit­to­rie: accu­sare la Gre­cia di aver sper­pe­rato danaro e per­fino di aver fal­si­fi­cato i pro­pri bilanci e insieme auspi­care che restino al comando pro­prio gli stessi col­pe­voli di que­sta ban­ca­rotta frau­do­lenta. Non potrebbe esserci prova migliore che quanto inte­ressa Bru­xel­les non è la sorte dell’Europa, ma la sal­va­guar­dia degli inte­ressi che difen­dono, gli stessi che serve Sama­ras e i governi che oggi det­tano legge nell’Unione. I quali sono respon­sa­bili di gran parte del debito accu­mu­lato da Atene: la tra­ge­dia di Ace­bes, dove un F16 greco è pre­ci­pi­tato pro­du­cendo un disa­stro, è dram­ma­ti­ca­mente lì a ricor­dar­celo nel giorno in cui Ale­xis diventa primo mini­stro. Chi mai ha insi­stito per­ché que­gli aerei venis­sero acqui­stati? La logica è sem­pre la stessa, da quando il pro­blema del debito, negli anni ’80, è esploso in Africa e Ame­rica latina: i governi occi­den­tali hanno agito come i «puscher» con la droga, aprendo le loro borse al cre­dito per­ché paesi che ave­vano ben altre prio­rità acqui­stas­sero merci e ser­vizi super­flui, impe­gnan­dosi il patri­mo­nio pub­blico. Ho detto che la scelta di non annac­quare il con­fronto con Bru­xel­les è molto corag­giosa, per­chè c’è da atten­dersi una rispo­sta duris­sima. Le prove per Tsi­pras e l’intera sini­stra greca saranno dif­fi­ci­lis­sime e la nostra soli­da­rietà — se saprà essere det­tata dalla testa oltre che dal cuore — essen­ziale. Ben sapendo tutti che per vin­cere non basterà respin­gere il dik­tat della troika, ma avviare un modello di pro­du­zione, di con­sumo, di orga­niz­za­zione della società diverso da quello attuale: una mag­giore liqui­dità se si con­ti­nue­ranno a fare le stesse cose — super­mar­ket, spe­cu­la­zione edi­li­zia, spreco — non ser­virà a molto. Per que­sto non basta invo­care poli­ti­che key­ne­siane di inter­vento pub­blico, occorre anche indi­care quale e per quale tipo di svi­luppo. A que­sto pro­getto Anel non ser­virà, ma c’è tempo per creare, nella società oltre che in par­la­mento, un con­senso sui pro­getti di più lungo periodo. È un tema che dovrà essere al cen­tro della rifles­sione di tutta «L’altra Europa», per­ché non riguarda solo la Gre­cia, ma tutti noi. Ne abbiamo abba­stanza per i pros­simi anni.

Intanto, forza com­pa­gni di Siryza, per ora si è almeno sve­lata la stu­pi­dità di Bru­xel­les che si com­porta come Buri­dano (o Mel­chi­se­decco, non ricordo) col suo asino: «Che pec­cato — aveva escla­mato — pro­prio ora che gli avevo inse­gnato a non man­giare, è morto».

P.S. Il mini­stero della difesa in mano ad Anel? Vista la tra­di­zione greca, crearsi qual­che punto d’appoggio con­tro even­tuali avven­ture dei mili­tari, non è un brutta idea.

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