Di Armando Allegretti

PERUGIA - Sono ormai sette mesi che l’equipaggio della “Savina Caylyn” – la petroliera da 105mila tonnellate per 266 metri di lunghezza è nelle mani dei pirati somali. Era l’8 febbraio 2011 quando la nave dell’armatore Fratelli d’Amico di Napoli fu sequestrata. Ventidue persone vennero prese in ostaggio, 17 indiani e 5 italiani, legati mani e piedi, picchiati e affamati. Da allora salvo qualche breve notizia sui quotidiani, sembra che l’Italia abbia dimenticato i suoi marinai, da Giuseppe Lubrano Lavadera a Crescenzo Guardascione di Procida, a Antonio Verrecchia Vincenzo Ambrosino e Gennaro Odoaldo.
Ci siamo arresi ai pirati? Le numerose manifestazioni, anche sotto Palazzo Chigi, con migliaia di persona arrivate da Procida che gridavano “Liberi Subito!” ad ora non sono servite a nulla. Ci siamo arresi ai pirati? E’ questo che il silenzio della Farnesina e dell’armatore ci fa credere.

Ieri – come riferito ad Umbrialeft – qualcosa s’è mosso, di male in peggio, perché al silenzio e all’indifferenza si aggiunge una nuova minaccia che come una spada di Damocle adesso pende sulla testa degli ostaggi. E’ arrivato un ultimatum dai piati, “una settimana di tempo per le trattative o inizieranno le torture” – Lo ha riferito Adriano Bon, il padre di Eugenio, uno dei tre ufficiali italiani prigionieri dei pirati. Stando a quanto si apprende, i pirati avrebbero consentito a Giuseppe Lubrano, il comandante della petroliera di telefonare ai propri familiari ai quali avrebbe riportato l'ultimatum. Sarebbe stata la moglie del comandante Lubrano, Nunzia, a ricevere la telefonata, inoltre questa settimana i pirati consentiranno al marito di telefonarle quotidianamente per ternerla comunque aggiornata.

Lubrano ha anche riferito che quando la nave viene sorvolata da un elicottero dei militari, i pirati legano tutto l'equipaggio puntando sui marittimi le armi, pronti a far fuoco in caso di attacco.

Di seguito riportiamo uno stralcio della telefonata del comandate della Savina-Caylyn fatta alla moglie:
“Per l’amor di Dio, aiutateti a non morire. Cara Nunzia dillo a tutti: all’armatore e alla Farnesina. Se entro una settimana non si chiude la trattativa, qui a bordo inizieranno le torture sistematiche di tutti i membri dell’equipaggio.Con conseguenze tragiche. Questi ci preannunciano che ci ammazzeranno ad uno ad uno. Santo Iddio, perché? Che male abbiamo fatto per non essere aiutati? Siamo persone che sono andate a guadagnarsi il pane onestamente in un tipo di lavoro duro, pieno di sacrifici, sul mare”.

Ieri la moglie del comandante, con i familiari degli altri procidani in ostaggio, si è recata presso la Cattedrale di Napoli per chiedere “una grazia” al Santo. In effetti la fede sembra essere uno degli ultimi appigli per chi da febbraio non si da pace e fa di tutto per riabbracciare i propri cari.
Ci siamo arresi ai pirati somali dunque?
 

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