Con il governo Monti si sta aprendo una questione democratica . I costituzionalisti si affannano a spiegare che è tutto in regola, e certamente le norme costituzionali sono state rispettate. Ma è difficile non vedere che sta accadendo qualcosa di inquietante. L’Italia è l’unico Paese colpito dalla speculazione che ha seguito questa via: in Spagna, Portogallo e Irlanda si è andati a votare; in Grecia i partiti hanno formato una grande coalizione.

Si poteva anche ritenere giusto che una manovra di emergenza fosse immediatamente necessaria, e non potesse essere decisa che da un governo tecnico col consenso parlamentare degli opposti schieramenti . Ma, fatta la manovra, il governo annuncia decisioni dI altro genere.

L’iniziativa sulla legislazione del lavoro e sull’articolo 18 dello Statuto apre un vulnus sul versante democratico. Se la democrazia ha un senso, sono gli elettori a dover decidere le grandi scelte, sulla base dei programmi formulati da partiti e coalizioni.

Ebbene, la scelta tra una legislazione liberista in materia di lavoro, e una legislazione che invece dia attenzione alla tutela dei diritti del mondo del lavoro, è una scelta di fondo, è quanto di più politico ci possa essere. Pensare che possano decidere tecnici, e che il Parlamento sia ricattato nella logica emergenziale, ci porta fuori dai parametri democratici.

Qui serve una attenta vigilanza da parte degli organi di garanzia costituzionale, a partire dalla Presidenza della Repubblica. Decreti legge omnibus, voti di fiducia, norme ordinamentali in un provvedimento d’urgenza di natura economica: per la manovra è prevalsa l’emergenza, per le nuove iniziative di governo è bene che tutto si svolga secondo le corrette procedure, che non sono mera forma, ma la sostanza stessa della democrazia.

Cesare Salvi

Condividi