"A dicembre, commenta USB Sanità, le Aziende ASL compiranno vent’anni. Un tempo assolutamente sufficiente per un bilancio sulle conseguenze del D.Lgvo.502/1992. Un decreto che fin dall’inizio, da parte di alcuni, ma non di tutta la sinistra, fu subito definito come una 'contro riforma sanitaria'".

"Per contrastarne gli effetti, continua USB, nel febbraio del 1993 furono depositate alla Corte di Cassazione due richieste di referen¬dum abrogativi, che non si svolsero per le modifiche apportate, nel dicembre dello stesso anno, dal D.Lgvo.517/1993, senza peraltro che i cambiamenti della norma affrontassero alcune questioni ritenute che i referendari ritenevano fondamentali ed in particolare:
il ruolo dei comuni nel governo della salute;
la rilevante estensione territoriale delle ASL e il conseguente allontanamento dei centri decisionali con oggettive, notevoli, difficoltà alla partecipazione dei cittadini (che era invece una caratteristica portante della precedente legge);
la separazione gestionale ed organizzativa delle Aziende Ospedaliere rispetto i servizi sanitari territoriali;
l’annunciato aumento dei costi per le retribuzioni dei vertici aziendali;
l’accentramento dei poteri nella figura della figura del Direttore Generale, scelta accompagnata, con effetti deflagranti, dal venire meno dei meccanismi di controllo sugli atti amministrativi;
l’introduzione di criteri privatistici all’interno di questo settore del pubblico impiego, con la conseguente e mai ostacolata idea che tale innovazione permettesse ai Direttori Generali di esercitare scelte sulla basse della fiducia personale, scavalcando i principi di trasparenza ed imparzialità propri della pubblica amministrazione;
la rottura dello strettissimo legame esistente tra le politiche sociali, rimaste a carico dei Comuni, e quelle sanitarie;
la bugia di una dichiarata volontà di competere con il privato nel “mercato” della sanità mentre ci si accingeva alla pratica della compartecipazione con esso".

"Va anche detto che se nei 16 Governi succedutesi nel periodo 11 marzo 1978 - 28 aprile 1993, sostiene USB Sanità ben sette ministri della Sanità sono stati esponenti del Partito Liberale Italiano, che aveva votato contro la promulgazione della legge istitutiva del SSR (L. 833/1978) tanto da far coniare ad uno dei suoi padri fondatori, Il Prof. Alessandro Seppilli, l’aforisma di “una legge rivoluzionaria gestita dai restauratori”, in Umbria, all’opposto, è sempre mancata la capacità di gestire il D.Lgvo.502/1992 con spirito rivoluzionario, finendo molto spesso per essere addirittura “più realisti del Re. Non a caso, l’unica modifica apportata alla 502/92-517/93, nell’ambito delle prerogative della Regione, ha riguardato, in modo permissivo, i requisiti per l’accesso alla carica di Direttore Amministrativo delle ASL o Aziende Ospedaliere della Regione …. Sic !!!!"

Alla luce di tutto questo, conclude USB Sanità, nel momento in cui si accinge ad un riordino del Servizio Sanitario Regionale, potendo così cogliere l’occasione per recuperare lo spirito della L. 833/78, ci si avvia, invece, ad una rivisitazione che si preoccupa di consolidare il potere di alcuni centri territoriali. Al di la delle questioni di perimetrazione geografica o di riassorbimento delle Aziende Ospedaliere all’interno delle ASL, che pure non sono irrilevanti se si volesse recuperare un ruolo vero delle comunità locali nel governo della sanità e per alcuni territori anche in considerazione di elemento di ulteriore depressione economica, appare fondamentale il mandato ai Direttori Generali per stili di management democratico ed il controllo del loro operato, che non può limitarsi, appunto, al “pareggio di bilancio”. Se così non fosse anche in Umbria dilagherebbe la tendenza, peraltro in atto già da molti anni, di una marchionnizzazione del confronto con i soggetti non organici al sistema di potere che ruota intorno alla sanità".

 

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