“Una zootecnia, che faccia della trasparenza delle sue pratiche, dell’attenzione ad una sostenibilità ambientale che comprenda il “benessere animale”, della qualità dei prodotti, gli elementi essenziali della sua azione”, è questo l’obiettivo del nuovo Piano regionale zootecnico delineato oggi, mercoledì 27 marzo, dall’assessore alle politiche agricole Fernanda Cecchini alla riunione dell’apposito tavolo regionale. Il documento, alla luce della discussione odierna, sarà oggetto di un ulteriore approfondimento dedicato al tema della compatibilità ambientale da compiere insieme all’assessore regionale all’ambiente Silvano Rometti e poi, nel prossimo mese di aprile, sarà pronto per essere discusso in Consiglio regionale dalla competente commissione.

"Una questione di fondo, ha sottolineato l’assessore Cecchini, è la sostenibilità ambientale, che negli ultimi anni, con l’evolversi delle consapevolezze e delle sensibilità sui temi dell’“economia verde”, ha assunto un ruolo centrale. In Umbria non c’è un allarme ambientale per il carico zootecnico. Si tratta però di rendere “ecocompatibili e sostenibili”, attraverso opportune soluzioni tecnologiche e gestionali, alcune situazioni di particolare concentrazione, e di applicare al tempo stesso alle produzioni e ai suoi impatti un adeguato sistema di monitoraggio, in una visione integrata della tutela ambientale (si pensi al Piano della Tutela delle Acque)”.

“Tanto più oggi, ha aggiunto l’assessore, in tempi di crisi economico-finanziaria incerti per tutti, che vedono la zootecnia fra i comparti più colpiti dal nuovo corso dei mercati agricoli, assai più esposti che in passato alle fluttuazioni (anche pesanti) dei prezzi. Una situazione di crisi, che sottolinea ancora di più la necessità di dotare gli agricoltori di adeguati strumenti di protezione. In una logica senz’altro diversa dal passato, in linea cioè con l’obiettivo di “liberalizzare” i mercati, ma comunque in grado di “proteggere” agricoltori e territori”.

Anche in Umbria, si sono verificati consistenti mutamenti strutturali. Rispetto al 2000, le aziende zootecniche si sono ridotte del 56 per cento, in un quadro di riduzione del complesso delle aziende agricole di circa il 30 per cento (un dato comunque inferiore alla media rilevata in Italia). Sono i dati delle prime analisi del Sesto Censimento Generale dell’Agricoltura. Secondo l’indagine, l’allevamento bovino (praticato da 2 mila 687 aziende, di cui 81 “biologiche”) si conferma, con il suo 54 per cento del totale, il più diffuso. Gli allevamenti suini sono l’87 per cento in meno, solo 14 quelli “biologici”, ma aumenta (segno evidente di una “specializzazione”) il numero medio dei capi per azienda (250). In nettissima contrazione l’allevamento avicolo (-93 per cento), con un calo, rispetto ai capi, del 38 per cento.

Ed è in questo scenario che si colloca il nuovo Piano Zootecnico, che la giunta regionale ha costruito avvalendosi anche della consultazione e della partecipazione delle imprese e delle organizzazioni professionali agricole. Il Piano consente di tracciare una diagnosi precisa del comparto: la contrazione dei capi allevati, la drastica riduzione del numero delle imprese è interpretabile come una “professionalizzazione” di tutto il comparto (che ha preferito puntare su una “dimensione media” degli allevamenti economicamente sostenibile), di pari passo con la riduzione delle cosiddette “agricolture residuali”.
“Qualità certificata”, secondo quanto prescritto dalle nuove norme comunitarie, ma anche richiesto dagli standards della grande distribuzione; maggiore formazione degli addetti; polifunzionalità ed economie di scala dei servizi connessi con l’allevamento (come la rete di macellazione), in grado di ridurre i costi; “filiere corte”, che possano contare sullo stesso livello di tecnica e di assistenza presente in azienda; valorizzazione mirata dei prodotti regionali: sono queste le indicazioni di marcia che vengono dal Piano zootecnico.

“Occorrono sempre più imprese di qualità, ha affermato l’assessore Cecchini, sostenute sia da un sistema normativo adeguato, sia da una organizzazione efficiente, sul piano della logistica e dei servizi, in un quadro che guardi al contesto nazionale ed alle zootecnie limitrofe (come Toscana e Marche). Ed occorre soprattutto una imprenditorialità, che sappia servirsi efficacemente degli strumenti di modernizzazione messi in campo dalle istituzioni pubbliche, dell’innovazione e dei risultati della ricerca scientifica, per farne un decisivo fondamento della propria azione. Qualità e innovazione sono le parole d’ordine del processo di modernizzazione del settore zootecnico in Umbria, che abbia i suoi punti di forza nella compatibilità e tutela ambientale (alle quali possono contribuire anche le recenti normative di sostegno alla produzione di “energie rinnovabili” applicate al settore), negli interventi per il “benessere degli animali” e nelle opportunità offerte dal nuovo Piano di Sviluppo Rurale, in termini di misure e risorse da destinare alla zootecnia”.

“L’Umbria si trova di fronte al bivio di un futuro non privo di difficoltà per le attività zootecniche, ma che può costituire anche e soprattutto una grande opportunità, ripensando il sistema e dotandolo degli strumenti necessari per far fronte alle sfide della modernità e dello sviluppo. Il Piano Zootecnico regionale, ha concluso l’assessore Cecchini, nasce con l’obiettivo di fornire ai protagonisti, le imprese e gli allevatori, gli strumenti di cui hanno bisogno per sviluppare al meglio idee, capacità e reddito, nella consapevolezza che il loro lavoro, come quello di tutti gli agricoltori, contribuisce all’economia regionale e, soprattutto, alla tutela di quel paesaggio frutto secolare di attività, che hanno fatto “verde” l’Umbria, rendendola inimitabile per le sue campagne, per i suoi prodotti e per i valori etici ed estetici legati alla vita dei campi”.

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