Referendum Orvietano. Stufara-Prc: Dopo "No alla Fusione" Regione ne prenda atto
La vittoria dei no al progetto di fusione dei comuni dell’alto orvietano, per il Capogruppo Prc al Consiglio regionale, Damiano Stufara, rappresenta una grande risposta di democrazia e di dignità da parte della popolazione locale, che nel rifiutare un pericoloso disegno di accentramento di poteri e funzioni ha al contempo dato un segnale inequivocabile sul futuro del governo del territorio.
"In una fase di grave discredito delle istituzioni e di attacco demagogico alla spesa pubblica - si legge in un comunicato del capogruppo Prc - un simile risultato non era affatto scontato; ha pesato pertanto la giustezza delle tesi di quanti si sono opposti in queste settimane alla fusione, come pure l’ eccessiva personalizzazione della contesa da parte di rappresentanti istituzionali che, a ben vedere, avrebbero ben dovuto mantenere un profilo maggiormente neutrale, astenendosi dal dare indicazioni sul merito delle scelte e dal dividere in questo modo la comunità locale in due fazioni."
"Non una vittoria del localismo o della conservazione - continua il comunicato - ma una bella pagina di storia democratica della nostra Umbria, a cui il Gruppo consiliare del PRC ha dato il suo contributo, per quanto di sua competenza, al momento dell’individuazione del quesito referendario e della riforma della legge regolante gli istituti della partecipazione."
"Sarà adesso necessario, da parte della Regione - è la conclusione di Damiano Stufara - assicurare il rispetto del risultato del referendum, come disposto del resto dall’Ordine del Giorno approvato dal Consiglio Regionale lo scorso mese di Marzo; non vi possono essere dubbi infatti che la volontà popolare, specie quando espressa in termini così netti, vada accolta senza ulteriori discussioni, abbandonando anche per il futuro ogni ipotesi di fusione di quei Comuni."
Lunedì
14/04/14
14:59
La cosa ridicola era che la proposta e'venuta da amministrazioni comunali in scadenza tra 1 mese.
Lunedì
14/04/14
20:28
E bravo Stufara, piú consigli comunali piú consiglieri ed assessori . FACILE: piú poltrone. Ripeto: bravo compagno Stufara
Lunedì
14/04/14
22:11
Certo che parlare di "poltrone" in comunelli dove i consiglieri ed anche gli assessori praticamente lavorano "a gratis", se non ci rimettono addirittura di tasca loro, è proprio ridicolo. Insomma, la maggioranza dei cittadini che ha respinto i referendum sarebbe composta da sconsiderati e magari sarebbe meglio non tenere neanche conto della opinione che hanno espresso. Alla faccia della democrazia! Proprio non c'è più nè senso della misura, nè senso del ridicolo.
Martedì
15/04/14
08:18
L'orientamento dei cittadini che si sono espressi per la contrarietà alla fusione con il referendum merita rispetto, questo non può in alcun modo essere messo in discussione.
Ciò che tuttavia trovo incomprensibile è quali ragioni ci siano per considerare la vittoria del NO - come fà Stufara - come "una grande risposta di democrazia e di dignità da parte della popolazione locale".
Se avvesse prevalso il SI (cosa possibile dato che contrari alla fusione si sono espressi il 51,33% dei votanti) non sarebbe stata un'altrettanto "grande risposta di democrazia e di dignità da parte della popolazione locale"?
O STufara considera deocratici solo gli esiti a lui congeniali?
Siccome non credo affatto sia così, mi sento di invitarlo - anche pe ril ruolo istituzionale che ricopre - ad una maggiore attenzione nell'esprimersi.
Nel merito poi del contenuto sinceramente - ripeto nel pieno e totale rispetto dell'esito referendario - trovo difficile comprendere le ragioni di tanta soddisfazione, come se si fosse evitato chissa quale sciagura.
Sinceramnete unire 5 comuni rispettivamente di 1.700 abitanti (Ficulle), 1.239 ab. (Montegabbione), 1.535 ab. (Monteleone d'Orvieto), 2.897 ab. (Fabro) e 586 ab. (Parrano) per un totale di meno di 8.000 abitanti è un semplice atto di buonsenso che il personalismo e l'egoismo ha impedito si concretizzasse. Perchè al di là della moltiplicazione delle assise decisionali (come se decidere autonomamente per una comunità ed un territorio così limitato avesse un senso) e dei relativi costi (allorchè contenuti dato che e indennità dei sindaci sono modeste e gli assessori ed i consiglieri godono solo di gettoni di presenza), ciò che palesemente non funziona e rappresenta un'enorme dispersione di risorse economiche e di personale è il moltiplicarsi di uffici (ogni comune ha un ufficio anagrafe, uno tecnico, uno tributi, etc.), sedi e relativi costi di gestione e manutenzione (perchè ogni comune, cioè ogni 1.300 abitanti in media nel nostro caso, ci sono sedi comunali amministrative e operative, scuole, stadi, etc.) con una dispersione enorme di risorse per offrire servizi distinti ampiamente sotoutilizzati. In altre parole a parità di risorse e personale, uniti i 5 comuni dell'orvietano avrebbero potuto qualificare enormemente i loro servizi, ottimizzando i costi. Invece così buona parte delle risorse serviranno semplicemnte per aprire gli uffici al mattino e i cittadini di questi comnuni continueranno a almentarsi della loro inefficienza ed a chiedere soldi alla provincia ed alla regione per sopperire a quanto non riescono a fare e che avrebbero potuto fare se si fossero uniti. Quella che si è persa è un'occasione di razionalizzazione e qualificazione della spesa pubblica e non c'è niente da gioire per questo. Ripeto l'espressione dei citadini deve essere rispettata ma però poi non si abbia l'ipocrisia di sostenere che i piccoli comuni devono essere aiutati perchè da soli non ce la fanno. Se non ce la fanno, come dimostra questo caso, è perchè non sono disposti a fare anche loro una parte delle scelte necessarie a superare le difficioltà, non sono disposti a mettersi in discussione ed a cambiare e restano ad aspettare che qualcuno sopra di loro gli risolva i problemi.
Martedì
15/04/14
16:27
Se la vicenda fosse stata seguita con più attenzione la proposta dei fautori del "No" era proprio quella di consorziare mano a mano i servizi (trasporti scolastici, mense, uffici tecnici, ecc.) senza arrivare a smantellare istituzioni che hanno un lunga storia. Il fatto è però che si sono scontrati con la determinazione in primo luogo dei sindaci (guarda caso tutti del Pd) che sono andati avanti come treni sulla loro decisione, a volta anche rompendo solide e storiche alleanze politiche ed ora pagano con una sconfitta che era prevedibile questa loro "prepotenza". Prevedibile proprio perché la maggior parte dei loro amministrati temeva che con il tempo tutti i servizi che avevano vicino a casa si sarebbero trasferiti nelle comunità più forti dal punto di vista delle popolazione.
Probabilmente l'estendersi di una collaborazione consortile avrebbe creato anche le condizioni, una volta verificati i vantaggi che può produrre, per il passaggio a forme di collaborazione ancora più solide. Ma una cosa è certa, mai e poi mai una comunità accetterà che certi servizi indispensabili vengano smantellati, come ad esempio la scuola dell'infanzia o il campo sportivo (stadio è una parola grossa), con la pretesa di trasportare ogni giorno a decine di chilometri di distanza neonati e bambini di uno, due o tre anni o di convincere i giovani della locale squadretta di calcio che sarebbe meglio per tutti se andassero a giocare nel paese vicino. Ve lo immaginate cosa succederebbe a Perugia se il Comune chiudesse l'impianto di Pretola perché poco distante, a Pontevalleceppi, ce n'è un altro? A chi non se lo immagina consigliamo di andare a fare un giretto dalle parti di Ponte della Pietra.
Mercoledì
16/04/14
08:44
Comprendo che ogni problema sia complesso ed ogni tentativo di cambiamento imperfetto. Come comprendo che la gestione della transizione sia sempre una fase molto delicata che debba essere maneggiata con cura e - come sembrerebbe nel caso in specie - le accellerzioni rischiano di essere controproducenti.
Mi permetto tuttavia di far notare che ritenere il tentativo di fusione dei cinque comuni dell'orvietano una fuga in avanti indichi una non trascurabile arretratezza culturale e politica (se a sostenere questa tesi sono anche forze politiche) nell'analisi della realtà e del contesto attuale.
Parlare di "consorziare progressivamente i servizi" venti anni fà era sensato, oggi è decisamente inadeguato e sostanzialmente ininfluente.
Lo è perchè vent'anni fà c'erano a disposizione le risorse per mantenere i costi delle rispettive "macchine comunali" gestendone un passaggio graduale mentre oggi non è così ed il rischio concreto che si corre è che queste amministrazioni diventino sempre più - e molto rapidamente - svuotate di ogni capacità e possibilità di azione.
Quello della recente proposta di fusione era già un tentativo praticamente fuori tempo massimo e il non averlo colto dubito permetterà adesso di intraprendere un percorso più "soft" ma semplicemente porterà alla loro paralisi se non - anche questo molto probbaile - comunque alla loro sopressione per via eterodiretta che non consentirà alle rispettive comunità nenache di decidere quale nuova conformazione assumerà la loro comunità.
Nel merito poi delle distanze, sinceramente è emblematico dell'arretratezza culturale in cui viviamo pensare che possa rappresentare un problema spostarsi di qualche chilometro per accedere a dei servizi quando oramai merci e persone si spostano quotidianamente in tutto il mondo.
Certamente vi sono distinzioni da fare da servizio a servizio (alcuni è opportuno che restino per quanto possibile di prossimità; è calzante da questo punto di vista l'esempio della scuola dell'infanzia), come è evidente che non disporre dei servizi utili vicino al luogo di residenza non sia la soluzione perfetta. Il punto tuttavia è che non è sostenibile mantenere i servizi, sia in termini di quantità che di qualità, distinti per piccole comunità di soli 500/1000 abitanti e pertanto si può solo scegliere tra due opzioni: accorparli per renderli funzionali o mantenerli distiniti perdendo ogni loro efficacia, ovvero lasciandoli progressivamente svuotare di funzioni e capacità. Si tratta appunto di questo, di scegliere e il pensare che vi sia la possibilità di non farlo, che tutto possa restare com'era con un semplice NO è piuttosto infantile.
P.s. il confronto con Perugia rafforza la tesi dell'accorpamento dei comuni orvietani e non il contrario. Infatti il comune capoluogo della regione ha 162.986 abitanti e 17 scuole per l'infanzia (tra pubbliche e convenzionate), ovvero un rapporto di 1 scuola per 9.587 abitanti contro, come nei casi dei comuni orvietani, 1 scuola ogni 1.447 nel caso migliore (Fabro) che ne ha 2 e 1 ogni 586 abitanti nel caso peggiore (Parrano), dimostrando chiaramente che anche una riorganizzazione ed un accorpamento dei servizi non sarebbe stata così traumatica, anzi avrebbe solo avvicinato quell'ambito ad un minimo standard di efficienza.