Quale sinistra ci serve oggi?

Prima di ragionare sulla crisi della sinistra o su ciò che questa debba fare oggi, occorre rendersi conto che stiamo vivendo una crisi profonda della democrazia, dell’intero sistema democratico: e che se non rimettiamo in piedi le fondamenta di un sistema democratico diverso, la sinistra non ha e non avrà ragion d’essere. Il sistema democratico italiano, tra alti e bassi, ha funzionato fino a quando c’erano i grandi partiti politici di massa, che hanno rappresentato i canali di comunicazione e i luoghi di incontro tra le istituzioni e i cittadini. Spariti questi partiti si è creato un solco drammatico, che si vede ogni giorno, dove la politica è diventata appannaggio esclusivo di istituzione sempre più separate dai cittadini, relegati nella condizione di poter dire semplicemente “mi piace” o “non mi piace”, come si fa su facebook. In queste condizioni, e finché non si rovescia questo modello, la sinistra difficilmente può riuscire ad avere un ruolo di massa efficace. Quindi la prima cosa che deve fare la sinistra oggi è impegnarsi per ricostruire il tessuto sociale democratico: so che è un processo lungo, e che non ha scorciatoie immediate, ma è necessario avere questa consapevolezza come compito primario, sennò per la sinistra non c’è futuro...per questo oggi il mio solo “partito” è l’arci... serve ricostruire il fare collettivo, il rapporto continuo e vivo col territorio, che sono le premesse per una sinistra. Purtroppo siamo andati così indietro che oggi la sinistra non è un caso che sia così frantumata ed che abbia un ruolo sociale quasi insignificante...

 

Quindi pensi che in qualche misura la sinistra debba tornare al passato e conservare....

 

In un certo qual senso si, ma occorre farlo molto criticamente: non è che il passato andava così bene... ad esempio si è dimostrato un errore pensare al partito come unico luogo della politica, e trattare i movimenti solo come espressione di interessi particolari, e questo nodo è stato centrale anche nel nostro scontro con il pci dal 68, ma tuttavia oggi la memoria va recuperata ed ereditata (seppur criticamente) di fronte ad un processo che la vuole programmaticamente cancellare e rottamare. Bisogna occuparsi di archeologia per pensare davvero al futuro, come dice saggiamente Giorgio Agamben. Ma la sinistra di oggi non ha riflettuto quasi su niente: non ha riflettuto sull’unione sovietica, sul Pci, sul percorso della nuova sinistra; e questa sciagura rende tutto chiuso nella gabbia del presente, con i suoi modelli di democrazia e di sinistra, che paiono unici e intrascendibili. Sono un poco generica, ma vorrei anche essere un poco provocatoria per farmi capire: mi piacerebbe che la sinistra non si presentasse alle elezioni per almeno dieci anni, e che quindi si liberasse dalla “morsa” elettorale...

 

Ma subito qualcuno ti potrebbe chiedere: ma se si vota tra sei mesi che facciamo?

 

Esatto, lo so... purtroppo le elezioni sono il terreno più miserando, ma che almeno non sia l’unico e non l’unico che conta... serve che la sinistra si ritrovi per costruire processi sociali reali di cambiamento, e che magari si ponga il terreno elettorale anche come occasione di fare questo, oltre e contro i personalismi, gli orticelli identitari e quant’altro... quindi di fronte anche alle elezioni dobbiamo ereditare il meglio del nostro passato e tra questi c’è l’insegnamento sacrosanto che ci debba essere un rapporto tra il reale e il possibile: la sinistra non è quello che voglio; è quello che c’è e che posso fare tenendo conto di quello che c’è... e se si vota tra sei mesi al centro ci deve essere questo discorso: ad esempio, non possiamo mettere tra parentesi che il reale e il possibile. L’80% di chi ieri ha scioperato (e che rappresenta il nostro primo referente sociale), vota ancora pd, non sel, non rifondazione. Bisogna essere consapevoli che si tratta di spostare masse molto larghe, non di mettere insieme dei cocci...

 

Un 80% sempre più in crisi però, soprattutto dopo che Renzi ha aperto lo scontro frontale con la Cgil...

 

Benissimo, ma bisogna tenerne conto... e non fare errori grossolani. Io per esempio sono in forte disaccordo con chi ha deciso, alle scorse elezioni regionali, di proporre liste fuori dalle coalizioni di centro-sinistra, per partito preso, allargando così i solchi, e non capendo che gli enti locali, nella memoria e nella “pancia” della gente, non sono Renzi, ma le istituzioni della storia del movimento operaio, e che magari non va a votare, ma che non vota per chi non avrà ruolo, con il rischio di far vincere la destra...E allora bisogna aprire uno spazio di dialogo e soprattutto di azione comune sul territorio, in modo che quando si va alle elezioni lo si faccia tenendo conto della parzialità dell’esperienza elettorale, ma soprattutto, di quello che realmente ha in testa la gente, misurando qui il rapporto tra reale e possibile...Non è che non votano per noi per un destino cinico e baro; è che la battaglia per l’egemonia sociale l’abbiamo finora persa. È un percorso lungo e complesso, ma recuperiamo almeno dei basilari insegnamenti leninisti: chi è il nemico principale? Quali sono le contraddizioni principali e quali secondarie? Da qui sarebbe elementare capire che Renzi non è la stessa cosa del pd di Reggio Emilia... ma tant’è.

 

Allora apriamo l’orizzonte del reale e del possibile.. sei stata recentemente in Grecia: raccontaci di ciò di cui si discute li...

 

Ecco in Grecia Siryza è riuscita ha ricostruire il tessuto sociale della sinistra e da li a superare gli steccati di una sinistra storicamente litigiosissima (ben più della nostra.. e se ci sono riusciti loro ci può riuscire chiunque...). loro, prima del contenitore elettorale, hanno creato uno spazio del “fare comune”, dello stare insieme a ricostruire il contatto con le classi popolari. Hanno ricominciato dalle prime esperienze del movimento operaio: il mutuo soccorso, la solidarietà sociale, le mense sociali, i cicli medici, il volontariato, ecc.., le cose insomma che fa l’arci... diventando credibili nel definirsi sinistra, che è per prima cosa il sentirsi collettivamente responsabili della società, e così facendo battere l’individualismo che è oggi la cultura dominante. Certo oggi siamo ad un bivio decisivo, ma stiamo attenti: tutti ci auguriamo che Syriza vinca, ma se va benissimo passerà dal 27 al 37%... e quindi dovrà comunque allearsi con qualcuno per governare. La prova di Syriza ora sarà su come farà dei compromessi: i compromessi sono vincenti o perdenti, non per forza il diavolo; ci sono pessimi compromessi e compromessi necessari. Se giustamente Gramsci diceva che non si prende il potere conquistando il palazzo d’inverno, non lo si prende nemmeno con una vittoria elettorale; si prende davvero nella misura in cui riesci ad esercitare una reale egemonia nella società, e noi, nel nostro paese, siamo lontanissimi da questo obiettivo...

 

Da noi per ora una certa egemonia la esercita il “populismo di governo” di Renzi...

Il populismo di Renzi è direttamente figlio di questa idea maledetta, nata allo scioglimento del pci, del cosiddetto “partito leggero”, pensando e sostenendo che questo sarebbe stato il mezzo migliore per avvicinarsi alla “società civile”. Il partito leggero è riuscito invece a creare e aumentare la conflittualità frammentata e confusa della società e a relegare la politica ancora di più in istituzioni separate, peggiorando enormemente la situazione. Renzi è l’emblema di questa cosa, e ne è il punto massimo, e va criticato e rifiutato, prima ancora che per il jobs act, per il suo modo di concepire la democrazia: “faccio tutto io e poi voi mi dite se vi piace o meno”; così la politica è tutta nelle istituzioni (separate) e alla società resta al massimo una micro-conflittualità dal basso senza il referente di un soggetto collettivo, ma con al massimo il riferimento ad un confuso “elettorato” che non rappresenta nulla; così è la soggettività delle persone organizzate collettivamente che scompare e che è anzi vista come un ostacolo, e per questo ridotta a “polvere”, ma questo diventa un enorme pericolo per la democrazia, anzi ne rappresenta un effettivo svuotamento. Per questo, e torno all’inizio, questo è il terreno più importante per la ricostruzione di una sinistra.

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