Sulle colonne di un quotidiano locale, l’assessore ai trasporti della Regione Umbria, Silvano Rometti, ci fa sapere di voler avviare il processo di privatizzazioni dell’Azienda pubblica Umbria Mobilità.
Che l’idea di fondo fosse proprio questa non ci voleva molto a capirlo, sfruttare la crisi di liquidità dell’Azienda dovuta al fatto che i creditori pubblici (Regione Lazio e Roma TPL) non onorano i propri debiti, circa 50 milioni.
Ora solo  il fatto che un pezzo di Stato non rispetti gli impegni contrattualmente assunti con una Azienda pubblica, la dice lunga sullo ‘sfascio’ in cui siamo precipitati dopo venti anni della cura Berlusconi e otto mesi di quella del ‘risanatore’ Monti.
Il punto politico è che l’assessore Rometti lascia trapelare di un accordo già fatto con “Bus Italia”, la società del trasporto su gomma di Trenitalia guidata dall’inaffondabile Moretti.
Già il fatto che Trenitalia abbia una grande società di autobus, spiega lo stato comatoso in cui versa la mobilità su ferro in Italia.
Ora Moretti sarebbe pronto a sbarcare in Umbria e prendersi con quattro euro una impresa sana. Bel colpo!
Umbria Mobilità farà la fine della Sipa, impresa che gestisce i parcheggi a Perugia, svenduta agli spagnoli che ora fanno affaroni nel capoluogo umbro, con il Comune che non svolge più nessun ruolo significativo.
Rometti, inoltre, ci illustra la strategia, dividere Umbria Mobilità in due tronconi, una società che operi solo in regione e un’altra che si occuperà dei servizi con Roma.
Tragico errore o strategia privatizzatrice?
A occhio e croce la seconda.
Dopo aver fatto un mezzo accordo (?) con Moretti, a fronte della proposta della CNA Trasporti, Rometti si dichiara d’accordo a privatizzare altre linee in Umbria?
Invece la strada per far superare a Umbria Mobilità la temporanea difficoltà di liquidità sarebbe una ‘ricapitalizzazione pubblica’ da parte dei soci proprietari.
La ricapitalizzazione pubblica darebbe la possibilità di affrontare la situazione attuale e predisporre un ‘nuovo piano industriale’ a tutela del servizio pubblico, a salvaguardia dei diritti dei lavoratori ed, eventualmente, trattare nuove ipotesi di assetti societari senza ‘acqua alla gola’.

Quinto Sertorio

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