Dopo esser stata tagliata fuori dalla fusione fra Outokumpu ed Inoxum, dopo esser stata mutilata del Tubificio, dopo esser stata in balia delle superiori volontà delle multinazionali dell'acciaio e dei governi europei, per l'AST si prospetta la peggiore delle soluzioni possibili: l'alternativa fra la svendita alla cordata Aperam-Arvedi-Marcegaglia o al Fondo Apollo.

In questi sei mesi abbiamo ascoltato con fin troppa pazienza ogni genere di falsità. Ci è stato detto che Outokumpu non poteva tenersi l'AST perché avrebbe acquisito una posizione di monopolio in Europa e che dunque occorreva trovare un “quarto player” dell'acciaio: adesso ci troviamo invece di fronte all'ipotesi di acquisto da parte di un fondo speculativo o un altro gruppo già presente nel mercato europeo, mentre dell'offerta dei cinesi non ci è dato sapere. Ci è stato detto che il Governo avrebbe vigilato per impedire la riduzione delle produzioni e la vendita dell'AST separatamente dal Tubificio: ad oggi non è stato garantito neanche uno di questi due punti. Ci è stato detto che erano in molti ad essere interessati all'acquisto dell'AST: a pochi giorni dalla discussione in Europa dell'Action Plan sulla siderurgia tanto sbandierato dal Commissario Tajani, il polo siderurgico ternano è di fatto fuori dai giochi, mentre le multinazionali dell'acciaio si preparano a dividersi il mercato.

Quella tra Aperam-Arvedi-Marcegaglia e Fondo Apollo è in realtà una falsa alternativa, usata da chi ha già deciso lo svuotamento dell'AST delle sue eccellenze e il sacrificio della siderurgia ternana per soddisfare le volontà dei governi del Nord Europa e delle rispettive multinazionali dell'acciaio.

Le innumerevoli vertenze apertesi nella nostra regione ed in particolare a Terni, con la crisi della siderurgia, del polo chimico e di tante altre aziende del comprensorio, manifestano in maniera inconfutabile l'incapacità del libero mercato di risolvere da sé le proprie crisi. Rifondazione Comunista ha avanzato da tempo la proposta di un intervento organico delle Istituzioni, chiedendo l'esproprio per pubblica utilità delle aree di Basell ai fini della realizzazione del polo della chimica verde, e la predisposizione di un'offerta da parte del Governo per l'acquisizione dell'intero polo siderurgico ternano.

Lo Stato italiano ha tutti gli strumenti per intervenire direttamente nelle crisi industriali, scongiurando sia la speculazione al ribasso sugli impianti, sia il loro spezzettamento. È ora di superare la passività che sta determinando il declino industriale del nostro territorio e di costruire quell'opposizione che finora è mancata allo strapotere delle multinazionali; per questo va rifiutata ogni ipotesi di chiusura di uno dei due attuali forni fusori, la vendita del sito siderurgico separatamente dal Tubificio e la perdita di centinaia di posti di lavoro nell'AST e nelle ditte appaltatrici.

Le Istituzioni ed i sindacati hanno il dovere di impedire la realizzazione di un disegno scellerato di dismissione produttiva e riduzione occupazionale e di garantire ai lavoratori il diritto di decidere del proprio futuro, a partire dalla conoscenza dei piani industriali per l'AST e per il Tubificio, che sono la sola base su cui misurare ogni ipotesi di acquisto e, in assenza di offerte adeguate, le forme di intervento straordinarie, possibili e necessarie, a difesa del lavoro nella siderurgia ternana.

Solo su tali basi può costituirsi quel fronte largo necessario per impedire la definitiva, irreversibile subordinazione dell'AST ai diktat europei, e stabilire che la sola offerta “vincolante” è quella in grado di difendere tutti i lavoratori, senza escludere nessuno; battersi fino all'ultimo bullone vuol dire proprio questo.

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