di Stefano Vinti

Le ripercussioni causate in Italia  dal Covid-19 nel mondo dello sport, come la chiusura temporanea dei 100mila impianti sportivi, mettono in discussione l’occupazione di circa un milione di lavoratori, con una fascia ampia di rapporti di lavoro, da coloro che fanno gli allenatori e gli istruttori che usufruiscono di un rimborso spese forfettario, a coloro che svolgono lavori in circa 50mila aziende occupandosi della gestione dei centri sportivi, alla promozione delle attività, fino alla produzione del materiale sportivo. Lo sport in Italia nel suo complesso vale 30 miliardi di euro, pari all’1,7 per cento del Pil che, con l’indotto, passa a 60 miliardi di euro. Quindi, una questione economica assolutamente rilevante, oltre che prioritaria, anche sul piano sociale e culturale, sia come sport professionistico che come sport dilettantistico e amatoriale.

Molti ‘poteri forti’ da tempo sono in azione, a iniziare dai palazzinari dello sport che sollecitano un decreto governativo che conceda in via d’urgenza la costruzione degli stadi di proprietà delle società calcistiche, senza troppe discussioni sull’impatto ambientale e urbanistico delle città. Alla richiesta hanno già aderito Milan, Inter, Fiorentina, Roma e Bologna, ed eserciteranno delle forti pressioni sul governo Conte, mettendo sul piatto un miliardo di euro, occasione ghiotta, a loro dire, per far ripartire l’economia post Covid-19. Per dare risposte al mondo dilettantistico sportivo umbro, è necessario che la Giunta regionale vari un ‘piano straordinario di sostegno per lo sport’.

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