di Renzo Massarelli

Improvvisamente ci siamo accorti di essere troppo piccoli e inadeguati e per questo assolutamente indifesi di fronte ad una simile aggressione. E' come se nella cristalleria di un salotto d'altri tempi avesse fatto ingresso un branco di elefanti impazziti.Troppo piccoli con tutti quei carri stracarichi di cavi elettrici, lampade, pedane, chilometri di tubi, gru e bracci che si allungano e ruotano con, si deve ammetterlo, meticolosa precisione ma anche con un qualche colpevole azzardo. E' così che abbiamo visto crescere nella piazza Grande della città la più maestosa costruzione di tutti i tempi, alta quasi come il duomo e sfrontatamente dominante accanto alla fontana più preziosa che esista in Italia. E' come se i parigini avessero deciso, sempre provvisoriamente, di costruire la torre Eiffel in Place des Voges.
Hanno occupato per una settimana il centro di una città come se fossero loro i padroni di un luogo così fragile. Hanno usato ogni spazio con lo stesso senso di inconsapevole incosciente creatività di chi costruisce un set in un teatro di posa.  Dalle scalette della Vaccara, al Corso, sino a Piazza della Repubblica. Non siamo però a Disneyland. Le guglie del palco e le coperture così ampie che le rivestono fanno pensare, inevitabilmente, a cosa potrebbe succedere se si levasse un forte temporale o se scendesse improvviso da Porta sole un soffio fuori stagione di quel vento che conosciamo così bene. Sarebbe il disastro più grande della città dal tempo delle guerre dei Cesari o dall'assedio dei Goti. Hanno lavorato per giorni facendo volare inquietanti carichi di ferro sopra la Fontana Maggiore. Ora il mostro è lì, a pochi centimetri dalle formelle dei Pisano e nessuno se ne cura, almeno nei palazzi che contano. Eppure non abbiamo mai scoperto così come ora tanti perugini amanti della loro città. Sul web c'è una corsa a pubblicare le foto di come eravamo una volta o com'è ancora oggi di fronte ai primi raggi del sole, o al tramonto, così bella Perugia nostra. E' tutto un sospirar amoroso. C'è un gruppo che si definisce più o meno così: "So' perugino e me ne vanto" come se uno che fosse nato, poniamo, a Siena, dovesse vergognarsene o come se il luogo della nascita fosse un merito in sé. Leonardo è nato a Vinci, il Perugino a Città della Pieve, Michelangelo a Michelangelo Caprese, Matteo Renzi, che non si può non collocare tra i grandi, a Rignano sull'Arno. Siamo talmente innamorati di questa città e ci stiamo occupando così tanto del nostro illustre blasone da far nascere dal nulla una rievocazione delle nostre radici scoperte quasi per caso, dopo sei secoli, sotto le verdi terre di Sant'Egidio. Poi arriva un concertone di musica pop e il gioco è fatto. Hai voglia a dire e ripetere per decenni che questa città non può restare schiava di chi vuole sfruttarla come puro palcoscenico, come quinta d'addobbo, come sfondo da cartolina illustrata. Scarnificare i suoi monumenti, le sue case, i suoi vicoli, le sue chiese, da ogni rapporto con l'aria che ogni giorno respiriamo. E' questo che i grandi venditori di acqua calda sognano di fare. Commercializzare la città, venderla impacchettata dentro sacchetti di cellofan. Il mostro di Piazza Grande non è capace di nascondersi, anzi, deve mostrare la sua incredibile possanza per dire a tutti che il gioco è fatto e che con le città d'arte si può giocare, rivoltarle come un calzino, usarle per le proprie convenienze. E' così che stanno "rianimando la città", in attesa dell'altro grande evento, quello di Braccio e del suo corteo in costume, con dame, cavalieri e ballerine. Tutto finto, tutto posticcio, ingresso gratis.
Beh, è ora di finirla con lo sfruttamento brutale di Piazza IV Novembre. Basta con i palchi, le bancarelle, le tende e i tendoni da fiera. Basta con i giochi attorno alla Fontana. I concerti pop se ne vadano dal centro come succede ovunque, ormai. Abbiamo grande spazi a Pian di Massiano. Li usino. E la smettano di dire che così la città diventa un museo. Nelle logge del Duomo si venderà cioccolato, in Corso Vannucci spaghetti per turisti di bocca buona, ovunque fioriscono pizzerie e kebab, birrerie e vinerie mascherate da eccellenze gastronomiche. Da che pulpito viene la lezione. Dispiace per gli artisti che verranno che sono bravi e amati dal pubblico, ma loro, meglio di chiunque altro, sanno qual è il momento di cantare, quale il luogo, quale il contesto. I nostri spazi sono troppo angusti e troppo preziosi per l'immensità della loro festa. Non siamo un paesello di provincia, siamo abituati a gestire anche i cosiddetti grandi eventi, ma più che alle grandi luci della città teniamo ai nostri tesori d'arte. Nessuno può darci torto.

(foto Di Luca Vanzella - Flickr: Perugia panoramic, CC BY-SA 2.0)

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