Trent’anni fa il Comune di Perugia, appena dopo la caduta del Muro di Berlino e il crollo delle Repubbliche Democratiche Popolari d’oltre cortina, come giuridicamente venivano definite, faceva erigere, nella zona di Fontivegge, un monumento dedicato ad Antonio Gramsci: l’intellettuale italiano del XX secolo più letto e tradotto al mondo.

Il 1990 era un anno di cambiamenti politici radicali: il Partito Comunista Italiano iniziava la sua veloce eutanasia; il tentato golp in URSS accelerò la fine di quello Stato che aveva rappresentato l’antagonismo radicale al pensiero liberal capitalistico per quasi tutto il ‘900.

Nel 1991, dopo l’Unione Sovietica, cessò di esistere la Jugoslavia e i Balcani esplosero in una guerra fratricida, caratterizzata da un profondo odio etnico, inesistente prima di allora, e da una feroce violenza, raccontati magistralmente da Emir Kusturica nel film “La vita è un miracolo”. Si dichiarava e si combatteva ipocritamente una guerra “insensata” contro l’Iraq, per un puro controllo nella regione della produzione petrolifera, e contrastare l’Iran sciita che poteva esercitare una certa egemonia economica e culturale sempre in quella regione.

Da quelle macerie, storiche e culturali, sarebbe nata Rifondazione Comunista, con il tentativo di tenere ancora in piedi e dare forza ad un punto di vista alternativo, radicale e critico, al pensiero liberista che egemonizzava l’opinione pubblica, tanto da farlo diventare “unico”, e contrastare il concetto, anch’esso dominante, di Francis Fukuyama di “fine della storia”. Come poi tutti sappiamo quel tentativo fallì nel 2008.

Ma la scelta del Comune di erigere un monumento dedicato a Gramsci nella zona di Fontivegge nei pressi di Piazza del Bacio e di commissionarla allo scultore Colombo Manuali non fu causale né neutra.

In quella piazza c’era la Perugina, l’azienda che più di tutte rappresentava la Peruginità, il conflitto di classe. L’ha era nato a Perugia il movimento operario, l’ha si erano svolte le battaglie sindacali per le conquiste sociali che avrebbero caratterizzato tutti gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso di Perugia e dell’Umbria intera.

Quella fabbrica non c’era più, quelle storie stavano per diventare definitivamente un ricordo nostalgico del passato. Il post-moderno aveva già cominciato ad esercitare il suo macabro fascino.

Ma quei mattoni che rappresentano la storia antifascista dell’Italia intera, quel mattone mancante che simboleggia il pensiero gramsciano, sono oggi di un’attualità disarmante.

L’ubriacatura collettiva degli anni 90 è finita, il capitalismo ha dimostrato la sua voracità. Non siamo in un mondo pacificato, come pensavano i visionari dell’89, ma in un mondo immerso in una guerra globale, i cui esiti sono ancora incerti e gli scenari drammaticamente preoccupanti. I fatti di questi giorni ce lo ricordano impietosamente.

Riscoprire, quindi, il pensiero di Gramsci, analizzare il concetto di struttura e sovrastruttura, di egemonia culturale, di democrazia e partecipazione è, secondo me, essenziale per capire il mondo moderno e saper indirizzare il futuro.

E credo anche che senza i faticosi e durissimi studi di Gramsci, fatti nelle disumane carceri fasciste, in condizioni di salute gravissime e pessime; senza i suoi scritti, ancora tradotti e letti in tutto il mondo; i nostri costituenti non avrebbero potuto donare alle future generazioni la Costituzione definita “la più bella del mondo”.

Non avrebbero potuto spiegarci cos’è la vera democrazia; non avrebbero potuto scendere nel profondo per affermare i diritti di ogni cittadino; non avrebbero capito la sostanziale differenza di genere ed il riconoscimento di pari dignità fra uomo e donna; non sarebbero stati in grado di capire l’importanza del lavoro e dei lavoratori in una società che ha la giusta pretesa di diventare Stato; non avrebbero, infine, capito l’importanza culturale dell’antifascismo.

Oggi, dove tutto sembra perduto, dove ogni pensiero solidaristico è considerato un retaggio del passato; oggi che il razzismo torna serpeggiare in modo preoccupante fra l’opinione pubblica, ne abbiamo estremamente bisogno: a Perugia, in Umbria, in Italia, nel mondo.

Associazione culturale Umbrialeft

Attilio Gambacorta

 

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