PERUGIA - “Il Piano sanitario deve essere condiviso da chi lavora negli ospedali altrimenti si scriverà il solito documento programmatico lontano dalla realtà di ogni giorno e dai problemi dei pazienti. Nessuno ci viene a chiedere come funzionano le cose sul campo. Le organizzazioni sindacali dei medici e le associazioni degli utenti devono essere coinvolte se no ci ritroveremo con il solito inutile documento, lontano dai bisogni e dalle urgenze. La Regione dica chiaramente se si vuole che i cittadini vadano verso il privato, visto che costa poco di più e fa evitare attese lunghissime. La politica è riuscita a mettere il medico contro l'utente”: queste alcune delle considerazioni espresse da medici e rappresentanti di varie associazioni nell'audizione convocata dalla Terza commissione consiliare presieduta da Attilio Solinas. 

Sono intervenuti nel dibattito: Claudio Fioroni (Fassid), Marco Coccetta (Cimo medici), Francesco Giorgetti (Fimmg), Francesco Paolo Cappotto (Cisl medici), Giovanni Lo Vaglio (Intersindacale medica umbra), Mauro Patiti (Cgil medici), Leandro Pescia (Fimmg Perugia), Basilio Passamonti (Anaao), Francesco Ferroni (Adiconsum) e Francesca Bondi (Comunità di Capodarco).

LE CRITICITÀ EMERSE DALL'AUDIZIONE

“Le LISTE D'ATTESA sono il problema maggiore, inutile negarlo, ma la Regione deve dire chiaramente se l'orientamento è spingere il cittadino verso il privato: il costo del ticket praticato nelle strutture private è ormai molto vicino a quello pubblico, solo che da un privato si va dopo una settimana, nel pubblico ci vogliono i mesi. Per quanto riguarda i posti letto siamo fra gli ultimi. Doveva essere costruita l'alternativa sul territorio, ma nella realtà non c'è una struttura che fa da filtro sugli ospedali perché non ci sono stati investimenti adeguati. E dopo l'acuzie mancano le strutture per continuare la cura, quindi la popolazione va in ospedale dove però mancano i posti letto. Denunciamo la mancanza di programmazione e l'assoluta assenza di piani. Servono investimenti su cure primarie e cronicità”. 

“Il SISTEMA INFORMATICO è di una inefficienza devastante: non abbiamo dati e quelli che ci sono spesso si rivelano inesatti. Quando non ci sono dati, partono le ambulanze col dischetto, altro che consultazioni in rete. Quando facciamo una dimissione capita troppo spesso che il sistema si imballi e rimanga bloccato anche un giorno e mezzo. Al ritiro di un referto di prestazione radiologica non si dà più al cittadino la risposta, ma un foglio di carta, niente più dischetto. Il paziente se lo deve scaricare col pin oppure va in farmacia o si fa copiare il dischetto a sette euro: il messaggio sottobanco è quello di farselo stampare dal proprio medico, ma non si può fare se la Regione non interviene con una integrazione. Noi ci stiamo organizzando affinché qualcosa cambi, stiamo preparandoci alla guerra”. 

Altro tema discusso quello della PREVENZIONE: “si potrebbe fare  molto di più: sarebbe utile classificare i cittadini in uno score di rischi con delle semplici domande sulle abitudini alimentari o sui comportamenti dannosi, come il fumo, ma i centri di salute non hanno personale a sufficienza per raccogliere i dati. I medici di medicina generale invece i dati dei loro pazienti ce l'hanno, ma non vengono coinvolti. Anche le farmacie potrebbero avere un ruolo di servizio pubblico: basta un ago per i mini-prelievi e in un minuto pure il farmacista può dare risposte al cittadino su colesterolo o diabete: se sta bene si saluta e si rimanda a casa, se no si rimanda ad ulteriore controllo. Sono cose semplici da fare, ma la politica è sorda. Sono passaggi fondamentali anche dal punto di vista dei costi, che sono enormi quando c'è da curare un cancro, ma che potrebbero essere ridotti di molto con una più accurata prevenzione. Il Dipartimento di prevenzione va ricostruito e si chiede il rispetto delle normative nazionali, che prevedono investimenti di almeno il 5 per cento sul totale; l'Osservatorio sulla salute certifica che attualmente non si supera il 4,2 per cento, di cui meno della metà viene destinato alla prevenzione e ai controlli sanitari sull'alimentazione, che significa meno accesso alle cure e meno sicurezza”.

Chiesto a gran voce un incontro con l'ASSESSORE ALLA SANITÀ per discutere gli aspetti tecnici e le problematiche più evidenti: “precariato, carenze di organico, turni di lavoro che si prolungano oltre l'orario concordato, reperibilità degli infermieri anche in ore diurne e soprattutto la scollatura tra le direttive dei vertici aziendali e l'operatività reale di chi manda avanti le strutture”.

LA COMMISSIONE
Il presidente della Commissione Sanità e Servizi sociali, ATTILIO SOLINAS, ha ringraziato gli intervenuti e annunciato che le istanze emerse nel corso dell'incontro saranno raccolte in una proposta di risoluzione che terrà conto delle criticità emerse: “C'è un piano nazionale per la cronicità che individua modelli nuovi per la presa in carico del paziente in un percorso condiviso fra ospedale e territorio – ha detto – poiché evitare la riospedalizzazione è l'obiettivo primario. Servono investimenti per l'assistenza h24 sul territorio. Si potrebbe potenziare la rete delle case della salute per esempio usando i piccoli ospedali, potenziando le strutture intermedie anche per migliorare la situazione delle liste d'attesa. Servono anche nuove tecnologie informatiche per far comunicare tutti i professionisti e assistere i pazienti anche a distanza”.

MARIA GRAZIA CARBONARI (M5s) ha detto di essere “allibita dalle carenze lamentate sul sistema informatico che costa tantissimo alla Regione. É chiaro che per efficientare la macchina organizzativa bisogna che chi amministra conosca i problemi e faccia le dovute verifiche. La favola della Regione benchmark è ormai un ricordo, dato che sono gli stessi medici a evidenziare lo scadimento della qualità dei servizi e le difficoltà che incontrano nel fare il loro delicato lavoro”.

Il consigliere SERGIO DE VINCENZI (gruppo Ricci presidente) ha evidenziato che “i medici si assumono anche delle responsabilità che non gli competono e serve un  confronto serio tra chi 'comanda la nave' e chi deve mettere in pratica le direttive a livello locale. Dovremo audire l'assessore alla sanità e i direttori delle strutture”. 

 

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