Dimitri Deliolanes

 

Que­sta vit­to­ria ha un padre. Che ha 40 anni, è dal 2013 pre­si­dente di Syriza e si chiama Ale­xis Tsi­pras. E’ una vit­to­ria tutta sua, della sua abi­lità, la sua costanza, il suo intuito poli­tico. Non è un omag­gio al culto della per­so­na­lità, è la regi­stra­zione di una sto­ria vera, con lieto fine.

Fino alle ele­zioni del 2012 Syriza era sem­pli­ce­mente quello che diceva di essere: una coa­li­zione di varie forze della sini­stra radi­cale greca.

Il suo mag­giore suc­cesso era quello di esi­stere: di man­te­nere cioè unite forze di una sini­stra famosa per la sua ten­denza alla ris­so­sità e alla fram­men­ta­zione. Il discorso poli­tico di Syriza era sem­plice, spesso ele­men­tare, con punte mas­si­ma­li­ste. Se sei desti­nato all’opposizione per l’eternità te lo puoi permettere.

Nel 2012 la scena poli­tica è cam­biata rapi­da­mente. Già prima delle dop­pie ele­zioni di mag­gio e giu­gno era evi­dente la disgre­ga­zione dell’area di cen­tro sini­stra: il par­tito socia­li­sta Pasok radiava depu­tati dis­si­denti, per­deva qua­dri sin­da­cali e orga­niz­za­zioni gio­va­nili. Ne ha apro­fit­tato Evan­ge­los Veni­ze­los per fare lo sgam­betto a George Papan­deou, nell’illusione che il Pasok avrebbe con­ti­nuato a essere quello che era stato per un qua­ran­ten­nio, un pila­stro essen­ziale del sistema politico.

È stato cru­del­mente smen­tito. Ma quest’ opera di con­tra­sto siste­ma­tico dell’opera di ricom­pat­ta­zione dell’area di cen­tro­si­ni­stra è l’intuzione impor­tante di Tsi­pras, all’epoca sem­plice pre­si­dente del gruppo par­la­men­tare. For­zando le sue com­pe­tenze, il gio­vane lea­der ha aperto le porte alla col­la­bo­ra­zione con i pro­fu­ghi del Pasok. Il mes­sag­gio lan­ciato era sem­plice: il vostro dis­senso verso l’austerità può tro­vare forza solo sotto il tetto della Sini­stra Radicale.

I risul­tati si sono visti alle dop­pie ele­zioni di quell’anno: l’apertura verso i socia­li­sti ha fatto in modo che la grande massa degli elet­tori del Pasok acco­gliesse l’invito. Syriza ottenne allora un impor­tante 27%, poi con­fer­mato alle ele­zioni euro­pee dell’anno scorso. Un nucleo forte del 27% indif­fe­rente a qual­siasi minac­cia, fedele alla Sini­stra radi­cale qual­siasi cosa succedesse.

Otte­nuti — per merito di Tsi­pras — gli elet­tori, biso­gnava attrez­zare Syriza a venire incon­tro alle loro esi­genze e aspet­ta­tive. La parola d’ordine con cui aveva affron­tato le ele­zioni del 2012 era «nes­sun sacri­fi­cio per l’euro». Mal­grado il forte orien­ta­mento euro­pei­sta del par­tito, non si esclu­deva la pos­si­bi­lità di un’uscita dall’eurozona nel caso di uno scon­tro all’ultimo san­gue con Bru­xel­les. Un errore di cui ne hanno appro­fit­tato gli avver­sari, come hanno ampia­mente appro­fit­tato della diver­sità di posi­zioni che veni­vano espresse nel dibat­tito preelettorale.

All’indomani di quelle ele­zioni Tsi­pras è stato il primo a intuire la neces­sità di pas­sare dalle aper­ture verso i socia­li­sti a un per­corso pro­fondo di tra­sfor­ma­zione del discorso poli­tico di Syriza. Abban­do­nare le faci­lo­ne­rie del pas­sato per arri­vare a una pro­po­sta poli­tica respon­sa­bile, misu­rata, degna di una sini­stra pronta a gover­nare e a dare solu­zione alla grave crisi del paese.

È que­sto il dibat­tito del con­gresso del 2013, che ha tra­sfor­mato Syriza da aggre­gato di «com­po­nenti» (in pra­tica pic­coli par­titi con una pro­pria strut­tura orga­niz­za­tiva) in par­tito uni­ta­rio con varie cor­renti interne.

Non tutti hanno seguito Tsi­pras. Le resi­stenze sono state forti e solo la sua capa­cità di media­zione ha evi­tato frat­ture trau­ma­ti­che. L’opposizione di sini­stra, capi­ta­nata da Panayo­tis Lafa­za­nis, si è con­cen­trata sulla neces­sità di pre­pa­rare in tempo un «piano B» nel caso di rot­tura con Bruxelles.

Ma non è que­sto che ha pre­oc­cu­pato Tsi­pras negli ultimi due anni. Lo scon­tro interno era più pro­fondo e riguar­dava l’essenza stessa di Syriza. Ne ho par­lato a lungo con lui l’anno scorso, poco dopo le ele­zioni euro­pee: c’è un numero non indif­fe­rente di mili­tanti che non vede di buon occhio l’espansione di Syriza, l’ingresso di nuovi lin­guaggi e di nuove mentalità.

Estre­miz­zando, avreb­bero pre­fe­rito rima­nere al 4,5% del 2009. E per que­sto hanno chiuso erme­ti­ca­mente le porte del par­tito a nuovi iscritti. Il risul­tato è para­dos­sale: il par­tito più grande della Gre­cia, con qual­che milione di elet­tori, si ritrova ad avere solo 30 mila militanti.

E’ que­sto l’avversario con cui si è bat­tuto Tsi­pras. Aprire il par­tito, cam­biare il suo lin­guag­gio e le sue prio­rità, ren­derlo capace di comu­ni­care e di rap­pre­sen­tare i biso­gni e le esi­genze della grande mag­gio­ranza dei greci, appar­te­nenti all’oceano dei ceti medi, ora dura­mente col­piti dalla crisi.

L’obiettivo, in breve, è di tra­sfor­mare un par­tito «di classe», con forte con­no­ta­zione ideo­lo­gica, in un par­tito «nazio­nale» (in senso gram­sciano) che ritrova nella poli­tica e non nei pro­clami la sua col­lo­ca­zione di sini­stra. In sostanza, inven­tare ex novo una sini­stra di governo, in cui il primo sostan­tivo non entra in con­trad­di­zione con il secondo. Ecco la ricetta di Tsipras.

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