PERUGIA - Nei primi 6 mesi del 2018 si era affermata in Umbria una tendenza positiva sul terreno dell’occupazione con un recupero certificato anche dall’ISTAT e dalla Banca d’Italia. Noi avevamo sottolineato la persistente scarsa qualità dei rapporti di lavoro, con solo circa il 20% dei nuovi rapporti attestato sui contratti a tempo indeterminato.

Ora nel terzo trimestre (con i dati relativi a gennaio-settembre 2018) ci troviamo di fronte ad un brusco peggioramento, sia da un punto di vista quantitativo, che qualitativo. Questo emerge dagli ultimi dati dell’Osservatorio Nazionale sul Precariato dell’INPS.

Infatti, nei primi 9 mesi dell’anno in Umbria ci troviamo di fronte ad un totale di 66.763 attivazioni e 57.602 cessazioni (con una differenza positiva di 9.161 unità). Sembrerebbe di per sé un dato positivo, ma se lo confrontiamo con i dati dei primi 6  mesi vediamo che c’è una diminuzione (a giugno eravamo a +10.437) e quindi il “trend” è in evidente discesa.

Se poi approfondiamo l'analisi sulla qualità dei contratti in essere, vediamo un aumento dei contratti a termine (28.450), dell’apprendistato (4.505), degli stagionali (2.500), della somministrazione (12.554) e dei contratti intermittenti (9.929).

Mentre – ed è il dato più allarmante – assistiamo ad un’ulteriore diminuzione dei contratti del tempo indeterminato. Tenendo conto anche delle trasformazioni da altri contratti, il tempo indeterminato nei primi 9 mesi del 2018 si attesta a quota 12.669 attivazioni, pari al 19% del totale, mentre nei primi 6 mesi, anche se di poco, aveva superato il 20%.

Questi dati dovrebbero far riflettere anche coloro che nei primi 6 mesi dell’anno, si erano proiettati in analisi troppo ottimistiche. La realtà della nostra regione e questi dati recentissimi, ci dicono che occorrono politiche economiche alternative, che contrastino veramente la dilagante precarietà.

MARIO BRAVI

Presidente IRES CGIL Umbria

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