A Milano l’opposizione sociale contro la prepotenza dei mercati e contro il governo Monti che li rappresenta ha finalmente battuto un colpo. Oltre 20mila persone hanno raccolto l’appello lanciato dal Comitato No Debito. Hanno occupato Piazza Affari dopo un lungo corteo che ha invaso pacificamente le strade del centro e che è partito poco lontano dalla Bocconi, l’università tanto cara al presidente del consiglio.

Occupyamo Piazza Affari è stato un successo che è andato al di là delle più rosee previsioni. I numeri per una manifestazione nazionale come si deve ancora non ci sono, ma quello di ieri è stato un buon momento di rilancio e di ricostruzione. Non era facile infatti rianimare il variegato fronte che si era incontrato a Roma il 15 ottobre per poi finire inmille pezzi dopo gli scontri in piazza San Giovanni. Da quel giorno molte cose sono successe.

E solo una in meglio: non c’è più Berlusconi. Tutto il resto invece va sempre peggio. La crisi è sempre più spietata e il governo la scarica sui più poveri. Il parlamento è ridotto a un organo consultivo, l’opposizione non esiste, se non fuori dai palazzi. Eppure mentre la Grecia affonda e la Spagna viene bloccata da un grande sciopero generale, in Italia fino a ieri tutto sembrava tacere. La rassegnazione al volere deimercati e della Bce sembrava invincibile. Nulla si era ancora mosso davvero nel paese, neanche davanti alla controriforma del lavoro del ministro Elsa Fornero. «Sciopero generale. Sciopero generale».

Il corteo si presenta gridando questo slogan davanti al dito medio che guarda la Borsa. Piazza Affari è più che occupata. È stracolma. Il corteo straripa in piazza Cordusio e la riempie. Il quadrilatero finanziario di Milano, e quindi di tutto il paese, per qualche ora è in mano ai cittadini che lo contestano. E’ stata una manifestazione tanto radicale quanto composta e ironica. Uniche trasgressioni della giornata un muretto di pochi mattoni costruito davanti alla Banca Nazionale del Lavoro e qualche vetrina di banca imprattata. Un flash mob davanti a Unicredit e due striscioni appesi sulle impalcature di due cantieri: «Siamo il 99% e siamo in credito» e «Voi il debito, noi la rivolta». I cronisti assetati del proverbiale «attimino di tensione» si devono accontentare di un animato scambio di parole tra un gruppo di No Tav e alcuni agenti in borghese che si sono mischiati tra la folla. «Il nostro modello tedesco» sotto l’icona di Marx è lo striscione più gettonato. Ma questa non è un corteo né monolitico né vetero.

Le canzoni di Ivan della Mea simischiano ai reggaetton. Sul camion dell’Usb – circa un terzo del corteo – che apre il lungo spezzone dei sindacati di base ballano break dance parrucche colorate con la faccia di Monti, Merkel e Sarkozy. L’enorme piovra della finanza mondiale manovra i politici europei e italiani che penzolano dai suoi lunghi tentacoli viola come pupazzi. Davanti a tutti i No Tav. La Ri- Generazione precaria riunisce generazioni e lavoratori di tutti i tipi. San Precario ha fatto moltimiracoli a Milano per tenere tutti insieme d’amore e d’accordo. Lo striscione disegnato su uno dei camion del movimento milanese prende in giro «Fornelia De Monti e le manovre ingenerose». Poi ci sono i comitati a difesa dei territori, No Expo su tutti. Un ragazzo e una ragazza trascinano un lenzuolo che chiede al governo «Ma chi vi ha eletto?». Corrono lungo il corteo e chiedono a tutti: «Ma tu hai eletto Monti?».

Molti vengono da fuoriMilano. La Cub di Carbonia, i lavoratori della Fiat di Cassino. Delegazioni arrivate per varie organizzazioni da Veneto, Liguria, Toscana. I temi sono molti mail filo rosso che tiene tutti insieme è il lavoro. Ci sono i lavoratori dell’Esselunga, quelli della Wagon Lits che da mesi occupano la torre in Stazione Centrale, ma anche quelli della Scala. I partiti sono in coda. Sfila tutta la sinistra extraparlamentare – Prc, Sinistra Critica, Pcl – ma non si vede neppure una bandierina di Sel. Un’occasione persa per il partito di Vendola. Gli spezzoni sono numerosi e molto compatti anche se non sempre affollati. Segno di un corteo per molti versi militante che però ha raggiunto l’obiettivo senza perdersi in azioni scomposte o dividersi in mille tronconi che si muovono per conto proprio.

Era il massimo che si poteva ottenere per una manifestazione nata a Roma e traghettata a Milano. Ma è anche il segno che i numeri per un prossimo appuntamento nazionale possono e devono crescere e allargarsi a settori della società anche meno politicizzati ma sempre più sofferenti. La rabbia nel paese è tanta, la luna di miele con il governo dei tecnici è ormai al tramonto e lo sciopero generale è una necessità sempre più pressante.

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