Per tornare a crescere occorre “un'azione per ridurre l'importanza delle organizzazioni” dei lavoratori, cioè dei sindacati. Lo ha detto l'ex presidente del consiglio, Mario Monti, alla trasmissione Omnibus, su La7. L'esempio scelto da Monti per spiegare la sua teoria è quello della lady di ferro: “Prima ancora di aggredire la pachidermica burocrazia britannica, la signora Thatcher si inimicò i sindacati. Per la crescita, insieme alla riforma della struttura pubblica credo che occorra un'azione per ridurre l'importanza delle organizzazioni, spesso consociate”.

Ma Monti ne ha anche per Confindustria ed in particolare per il presidente degli industriali Squinzi. “E' sempre molto utile che il presidente di Confindustria parli – ha detto Monti riferendosi all'intervento nell'assemblea annuale degli imprenditori - ma in questo caso trovo la denuncia di Squinzi fuoriluogo per i toni e i contenuti. Per quanto riguarda i toni – ha aggiunto - assistiamo da qualche tempo a una Confindustria che per ogni dichiarazione che fa suona la campana a morte - spiega Monti - e mi chiedo se questo possa giovare a creare quella domanda di cui si lamenta l'assenza e se toni più pacati meno liquidatori non potrebbero essere altrettanto corretti ma meno allarmistici”.

“E poi – prosegue l'ex premier - non è affatto vero che siamo sull'orlo del baratro, il problema dell'economia italiana è che stiamo lentamente scivolando sulla pendenza di un declino e per quanto riguarda il da farsi, il concetto di 'fate presto' caro agli industriali è sacrosanto, ma prima dovrebbero dire 'noi facciamo immediatamente' e 'voi, autorità politiche e istituzionali fate presto'”.

Secondo Monti, dunque, “se da 15 anni l'economia italiana cresce molto meno di quella Europea, gran parte della responsabilità sta nella casa delle imprese e dei sindacati italiani: responsabilità di scarsa considerazione autocritiche su certe lacune storiche del capitalismo italiano e criticità soprattutto da parte di Confindustria per avere non sempre sollecitato maggiore economia di mercato, maggiore concorrenza e liberalizzazioni”.

Fonte: rassegna.it

 

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