(di Giovanni Innamorati) (ANSA) - ROMA - L'incontro del premier Renzi con i sindacati per la vertenza Ast di Terni, non sembra soddisfare del tutto le minoranze interne del Pd. Se c'e' chi ha apprezzato il gesto distensivo, Stefano Fassina e Pippo Civati hanno attaccato il governo, su Def e decreto Sblocca Italia. E in serata Pierluigi Bersani ha lanciato un ammonimento a Renzi, perche' ascolti i sindacati, ma anche a quella parte di minoranze che puntano alla scissione.  

La giornata e' iniziata in maniera ruvida, con Susanna Camusso che ha invitato il governo "ad abbassare i manganelli dell'ordine pubblico", e il bersaniano Davide Zoggia che ha messo in relazione la carica di ieri contro gli operai della Ast con le affermazioni di Davide Serra, domenica alla Leopolda, per una limitazione degli scioperi. Cosa quest'ultima che ha fatto infuriare i renziani: Laura Cantini, Mario Morgoni e Francesco calia lo hanno invitato a smentire le proprie parole e smetterla di mettere freni al Governo: cosa che Zoggia non ha pero' fatto.

Nelle stesse ore Pippo Civati ha negato il voto al decreto Sblocca Italia, da lui definito "un omnibus mostruoso", mentre Fassina attaccava la Legge di Stabilita' che sarebbe recessiva. Paradossalmente il governo, che fara' una manovra espansiva e in deficit, e' stato accusato di essersi "piegato all'Ue". Non ha caso il renziano Andrea Marcucci, ha definito "Nostradamus" i critici della manovra, senza citare esplicitamente Fassina. 

Ma a tentare di modificare il "mood" della giornata, ci ha pensato la presenza di Renzi al tavolo sulla Ast al ministero dello Sviluppo accanto al ministro Guidi. Qui, oltre a rassicurare le Rsu sull'impegno del governo, ha potuto stringere la mano a Maurizio Landini (oltre che ai rappresentanti di Uilm e Fim).

Il gesto e' stato apprezzato da un bersaniano Doc come Miguel Gotor; ma all'invito dei vicesegretari del Pd Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani ad abbassare i toni per favorire la mediazione con Thyssen-Krupp per le Acciaierie, ha replicato  Fassina, che ha intimato il goerno a "chiedere scusa ai lavoratori manganellati".

Chi ha parlato con Renzi lo descrive irritato per il fatto che gli scontri di ieri hanno oscurato mediaticamente il lavoro del governo sul tavolo per evitare i licenziamenti alla Ast, e per la "speculazione politica" che c'e' stata. 

In serata Bersani ha mandato un messaggio a Renzi: "nel Paese ci sono tensioni che preoccupano. E' il caso di calmarsi, compreso chi da' i messaggi fondamentali, come il governo, che deve unire anziche' fromentare". Insomma "il volto deve essere amichevole, perche' per chi governa sono tutti figli suoi". Ma l'ex segretario, che nei giorni scorso e' stato sollecitato da alcuni "scissionisti", e' stato chiaro con loro: "il Pd e' casa mia e non esiste uscire dal Pd. Non so perche' me lo chiedono".  

Pero' l'unita' del partito dipende anche da Renzi, qualora, ha detto Bersani, dovesse puntare al Partito della nazione, a "un partito pigliatutto, che e' piu' centrale ma anche piu' paludoso". Certo, e qui si e' rivolto alle minoranze interne, "c'e' sempre stato spazio a sinistra del Pd", ma un eventuale nuovo partito rischia di essere "impotente" e costretto alla "sola testimonianza". Insomma se Renzi ci tiene all'unita' punti a un bipolarismo "tra un partito riformista e uno conservatore", perche' "eliminare la parola sinistra e' un errore".

 

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