di Roberto Ciccarelli 

Il governo Meloni non riesce a trovare il tempo di carburare e sembra avere già finito la benzina. Oggi alle 19 dovrebbero iniziare i due giorni di sciopero dei distributori di carburanti. La terza protesta dopo quella dei sindacati di base il 2 dicembre e di Cgil e Uil il 16 dicembre. La situazione è così complicata da avere spinto ieri Giorgia Meloni a intervenire dall’Algeria. La presidente del Consiglio ha continuato a negare di avere scaricato sull’anello finale della filiera petrolifera la responsabilità dell’aumento dei prezzi anche di 30,5 cent al litro. In realtà un simile aumento è stato provocato dalla sua decisione di azzerare la detassazione delle accise nella legge di bilancio.

«LI ABBIAMO CONVOCATI già due volte, il governo non ha mai immaginato provvedimenti per additare la categoria dei benzinai ma per riconoscere il valore dei tanti onesti – ha detto Meloni – Poi la media del prezzo non diceva che erano alle stelle. Sono state molto poche le speculazioni. Ma non potevamo tornare indietro su provvedimento che è giusto, pubblicare il prezzo medio è di buon senso. Su altro siamo andati incontro. Nessuno vuole colpire la categoria». Ed è così che il governo va avanti. In nome del «buon senso». Meno sensata sembra essere la sottovalutazione degli effetti delle sue decisioni, oltre che la palese volontà di sottrarsi alla responsabilità di un disastro comunicativo.

INUTILI, AL MOMENTO, si sono rivelati gli incontri fatti poco prima della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto. Se davvero sostieni di volere mediare allora trovi un accordo prima di pubblicare il testo. Altrettanto inutile si è rivelato l’appello di domenica scorsa da parte del ministro delle «imprese» e del «made in Italy» Adolfo Urso.

A MENO CHE, nelle prossime ore, arrivi una nuova convocazione. E il governo ceda. Ipotesi che non andrebbe esclusa, considerata la sua confusione. In tal caso si consoliderebbe l’impressione di un governo forte con i deboli (i beneficiari del «reddito di cittadinanza») e debole con le categorie per lui sensibili elettoralmente (i più che generici «consumatori», ad esempio).

GLI IMPIANTI – compresi i self service – resteranno dunque chiusi per 48 ore consecutive, dalle 19 di oggi alle 19 del 26 gennaio sulla rete ordinaria e dalle ore 22 del 24 alle 22 del 26 gennaio sulle autostrade. Per i promotori dello sciopero Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio (dicono di rappresentare l’80% dei distributori), non è bastato il fatto che il governo si sia rimangiato l’idea di punire in maniera esemplare i benzinai e abbia ridotto le multe a 200 euro. Un taglio massiccio rispetto alle roboanti cifre minacciate in una versione iniziale del decreto: da 500 a 6 mila euro. Era questa la punizione prevista nel caso in cui qualche distributore non avesse esposto nel proprio punto vendita i prezzi medi calcolati dal ministero «delle Imprese».

LA SITUAZIONE APPARE paradossale perché, in fondo, il motivo del contendere è un cartello. Per il governo sarebbe la prova di una «trasparenza». Per i benzinai è la prova della volontà del governo di trasformarli in capri espiatori a portata di mano dei clienti ai distributori. Sarebbero loro i responsabili dell’aumento dei prezzi, non il governo che non ha rifinanziato gli sconti con i soldi dei contribuenti sul prezzo della benzina aumentata anche a causa della guerra in Ucraina.

LE ASSOCIAZIONI dei consumatori sono sul piede di guerra. Il Codacons promette ricorsi contro l’«interruzione di pubblico servizio». Per Assoutenti, lo «sciopero è inattuabile con il maltempo». Per l’Unione nazionale consumatori il governo ha ceduto alla «lobby dei benzinai» che «ha capito la sua debolezza» e non dovrebbe «rimangiarsi quanto ha deciso meno di 10 giorni fa, un’inversione a U a dir poco imbarazzante». Servirebbe «una immediata retromarcia al fine di ristabilire una verità sotto gli occhi di tutti e per scongiurare la protesta dei benzinai» sostiene Rosario Trefiletti, il presidente del Centro Consumatori Italia.

«CHIUSO PER SCIOPERO. Per protestare contro la vergognosa campagna diffamatoria nei confronti della categoria e gli inefficaci provvedimenti del governo che continuano a penalizzare solo i gestori senza tutelare i consumatori. Per scongiurare nuovi aumenti del prezzo dei carburanti».Saranno queste le scritte, e i contenuti, esposti per le strade su cartelli di senso completamente diverso rispetto a quelli che Meloni vorrebbe leggere.

Fonte: Il Manifesto

 

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