Si è concluso con un compromesso l'incontro tra i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti per decidere le iniziative di mobilitazione contro la legge di stabilità. La decisione è per lo sciopero generale di 4 ore a novembre che ha permesso di superare la contrarietà di Bonanni.  Al termine della riunione, è stato Angeletti a prendere la parola durante una conferenza stampa, per dire che «la crescita deve essere priorità del Paese» e per sottolineare come «la riduzione delle tasse sul lavoro sia lo strumento più efficace per la crescita stessa. Con questa legge abbiamo condannato il paese alla stagnazione». Per il segretario della Uil, nella legge di stabilità la «riduzione del carico fiscale è del tutto simbolica e quindi non efficace». Ecco perché è necessario operare una «riduzione degli sprechi o costi non accettabili nella pubblica amministrazione». Questo, infatti, potrebbe essere un «modo per reperire le risorse. Ma per evitare che questa frase diventi uno slogan, dovremo lanciare proposte credibili, puntuali ed efficaci. Stiamo preparando documento succinto con indicazioni concrete».

Evidentemente le due giornate romane hanno aperto una breccia anche nei confronti dei confederali. Che certo non possono più ignorare quanto la legge di stabilità si stia mostrando sempre più per quello che realmente è: una stangata sui soliti noti. Basterebbe ascoltare persino i consulenti del lavoro: «Più approfondiamo la Legge di Stabilità e più scopriamo novità che non facilitano la vita a famiglie, imprese e lavoratori». «Non solo non si sono trovate risorse sufficienti per ridurre in modo apprezzabile il costo del lavoro, che continua a risultare invasivo per gli imprenditori - commenta Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro - ma si sono previsti interventi di riduzione delle detrazioni che certo non agevoleranno le finanze dei lavoratori. E poi - prosegue - stiamo valutando l'impatto sulla pressione fiscale dei nuovi tributi introdotti a livello locale ma anche tra le imposte indirette, che alimentano la spirale recessiva. Vi deve essere la presa di coscienza da parte del decisore politico sul fatto che, continuare a introdurre nuovi prelievi ricadenti sugli stessi soggetti, non fa ripartire l'economia».

Le quattro ore di sciopero sono, comunque, il massimo che la Cgil potesse sopportare, vista la pressione del Pd, che di sciopero proprio non vuol sentire parlare visto che la manovra è anche "roba sua". Non per nulla il viceministro all'economia Fassina metteva le mani avanti e proprio mentre i sindacati sono riuniti avvertiva che lo sciopero generale «sarebbe un errore» (lo dice proprio lui che si voleva dimettere; ha cambiato idea in fretta). Tant'è. «Il governo Letta, come tutti i governi europei si trova a muoversi in vincoli stringenti e tutti dobbiamo averne consapevolezza». Ma il vero motivo per cui lo sciopero non si deve fare, svelava poi, è che «potrebbe rappresentare per il governo un momento di difficoltà». E pazienza se milioni di cittadini dovranno prendersi l'ennesima stangata. 

La verità è che il governo si è messo in difficoltà con le proprie mani, varando una manovra che scontenta tutti, pure Confindustria, e ha scatenato una vera e propria gara a chi la vuole cambiare. Giorgio Squinzi, presidente della maggiore associazione imprenditoriale, è sempre più duro: "Rispetto alle nostre richieste - dice - il governo ha fatto dei passi nella giusta direzione con la legge di stabilita varata nei giorni scorsi, ma si tratta di interventi assolutamente insufficienti. Direi buono il metodo, scarso per ora il risultato. Spero non ci siano porcate in parlamento". E Letta e Saccomanni, nel tentativo di disinnescare la bomba pronta ad esplodere quando il provvimento arriverà in parlamento, tanto per cambiare prendono tempo. Tanto è vero che, denuncia il capogruppo del Pdl alla Camera Brunetta, «nessuno ancora conosce il testo definitivo della Legge di stabilità, perché deve ancora arrivare alle Camere: è indecente. Son cambiate sette, otto, nove versioni, i conti non sono ancora chiari. Ecco, non so cosa abbia mandato in Europa la notte del 15». 

Condividi