Il miglior cortometraggio dell’Umbria Film Festival è L’operaio del regista umbro Andrea Sbarretti, un lavoro che porta alla ribalta nazionale i gravi problemi occupazionali della più grande fabbrica dell’Umbria: l’Acciai Speciali Terni. Il protagonista del corto, interpretato dallo stesso Sbarretti, rischia di essere licenziato a seguito dei nuovi assetti strategici, voluti dalla nuova proprietà.

Girato anche durante lo sciopero regionale dell’anno scorso a difesa dell’AST, mischia realtà e fantasia e punta il dito contro la mortificazione dei diritti dei lavoratori avvenuti in questi ultimi anni. L’ Italia che ha ceduto sovranità all’ Europa, non è più padrona delle proprie scelte e deve cedere importanti quote di mercato dell’acciaio alla Germania. L’AST diventa quindi la vittima sacrificale di spietati interessi economici, che mirano alla distruzione di ogni diritto degli operai ed alla successiva accettazione obbligata di contratti schiavizzanti. In questo contesto di dramma sociale, l’operaio non cede alla disperazione, ma cerca di aggrapparsi all’unica cosa che gli resta di bello: l’amore.

Nella giungla delle multinazionali che ad ogni legislatura erodono diritti importanti conquistati in anni di lotte sindacali, non trova soluzioni nemmeno la politica, complice di tutto il sistema ed incapace di dare risposte. Una frase del corto infatti recita: “ma come fanno i politici a parlare per 40 minuti senza farti capire niente?? “ Il protagonista del corto non è il classico operaio stereotipato degli anni ’70. Oggi gli operai sono ragazzi e come tali amano andare in discoteca, amano farsi le lampade, fare palestra, depilarsi. L’operaio diventa un anticonformista del lavoro, uno che sfugge alla retorica e che recita, nella frase che lancia il corto "Potete rubarmi il lavoro, ma la vita no. La vita no."

All’Umbria Film Festival hanno partecipato altri cortometraggi di indubbio valore, toccando temi molto importanti tra cui la resistenza dei partigiani, la consuetudine di incolpare gli extracomunitari per qualsiasi fatto spiacevole, l’attesa di uno psicopatico prima di fare terapia.

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