C’è un aspetto che riguarda il lavoro meritevole di analisi. La popolazione mondiale è in continua crescita ma, proporzionalmente, l’occupazione non segue lo stesso ritmo, aggravando il quadro generale.

Da noi, il lavoro a tempo indeterminato è diminuito con la crescita delle tecnologie, delle delocalizzazioni mondiali, della terziarizzazione, caratterizzata dal continuo sviluppo delle tecnologie informatiche, dello sviluppo del lavoro immateriale che produce servizi o merci immateriali.
È il caso che riguarda gli itinerari turistici, spettacoli di musica e teatro, degustazioni guidate, ma anche progetti, campagne pubblicitarie, servizi alla persona. In compenso, si diffondono i lavori precari, a termine, part-time, interinali, a basso costo, in nero, occasionali, lavoretti, insomma; riempiono spazi occupazionali vacanti, basta guardare al lavoro positivo svolto dalle parrocchie nel sostegno alle famiglie povere prive di un lavoro stabile, dalla Caritas e dalle associazioni che garantiscono nello stesso tempo una coesione sociale. Il quadro del fenomeno creatosi a seguito della povertà scaturita dal non lavoro viene mascherato e sembra scomparire agli occhi dei più, al punto di sfuggire ad un’analisi politica. Spesso, povertà economica e culturale si alimentano reciprocamente e insieme concorrono nel generare emarginazione. In questi casi, occorre ripensare il lavoro nelle sue accezioni intrinseche, vale a dire: rimodulare l’orario di lavoro. introdurre nello Statuto dei lavoratori una norma che preveda il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo.
 

In Italia, così come in larghe fasce sociali sparse per il mondo intero, la prestazione d’opera è animata da una miriade di problemi, a iniziare dalla sua assenza in determinati contesti e aree geografiche, dal lavoro nero e da quello minorile. Il futuro del lavoro si giocherà attorno alle tecnologie informatiche, alla ricerca scientifica, ed alla cultura e quindi in questo nuovo contesto occorre ripensare a rimodulare l’attuale orario di lavoro intervenendo sulla durata. È ipotizzabile che il contenimento orario della prestazione d’opera possa consentire di offrire ai giovani maggiore stabilità del rapporto, con effetti sull’organizzazione sociale per quanto riguarda la formazione di nuclei famigliari altrettanto stabili, avere dei figli, una casa e, in breve, un futuro. Sì, perché la diminuzione dell’orario di lavoro, a parità di salario, apre le porte a nuove assunzioni. Così si risponde all’avvento delle nuove tecnologie e delle innovazioni dovute a nuovi processi produttivi legati all’utilizzo della tecnologia robotica che, di fatto, si sostituisce all’opera dell’uomo. Un’altra questione è la reintroduzione dell’Art.18, Ripristinarlo e rivedere il Jobs Act. Cioè pensare ad una norma che preveda la reintegrazione automatica nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo. Due punti importanti per tutti i lavoratori.
 

Portando avanti le prossime battaglie, sociali e politiche a livello locale e nazionale, dobbiamo avere coscienza che esse sono inserite in un contesto mondiale da cui non possiamo prescindere, e dobbiamo anche condurle in modo da dar peso al capitale umano, con le sue capacità intellettuali, i suoi saperi, l’empatia e comportamenti relazionali. Ci rendiamo conto che stiamo gettando un granello di sabbia, ma riteniamo importante richiamare e riflettere sugli sviluppi evolutivi del lavoro di domani.

Terni, 13 settembre 2021 - Giocondo Talamonti

 

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