AMELIA - Ad Amelia  è stata celebrata ieri la festa di Santa Fermina patrona della città e copatrona della diocesi di Terni Narni Amelia. Una celebrazione che è un evento comunitario religioso e civile, un incontro annuale tra Amelia e Civitavecchia per rinsaldare il gemellaggio tra le due città nel nome della comune Patrona.

Con la solenne celebrazione presieduta nel pomeriggio dal vescovo Giuseppe Piemontese nella Cattedrale di Amelia, si è conclusa la giornata dedicata alla festa della santa. Celebrazione preceduta dalla suggestiva rievocazione storica della pesatura e offerta dei ceri, secondo gli Statuti del 1346 e dall'accensione dei ceri con la "Fiaccola S. Fermina" partita in mattinata da Civitavecchia e portata in staffetta dalle associazioni sportive di Civitavecchia e Amelia.

Nella circostanza il vescovo Piemontese ha pronunciato la seguente omelia:

“Saluto alle Autorità, agli ospiti di Civitavecchia, ai rappresentanti della Comunità ecclesiale di Civitavecchia, alle varie associazioni ed Enti che organizzano questa festa. In questa celebrazione vogliamo sentirci in comunione con don Sandro Bigi, dopo la sua morte, ma ugualmente presente attorno all’altare, nella comunione dei Santi.

Quale messaggio vuole comunicarci quest’anno la patrona della nostra città e della nostra Diocesi a tutti noi suoi devoti? Fermina, riassume in se caratteristiche che la rendono bella e grande agli occhi di Dio e nostri: giovane - nobile romana (272-304), cristiana – martire.

La giovinezza, specie la propria, ma anche quella rappresentata da ragazze e ragazzi giovani, è fonte di gioia, ragione per apprezzare il dono della vita, sostegno materiale e morale nell’età avanzata. Tale doveva essere la presenza di Fermina nella sua casa e per gli amici che la frequentavano. Tale dovette apparire a Olimpiade, che imparò a rispettarla, ad amarla, a condividere la fede in Gesù Cristo e a precederla nella testimonianza del martirio. Un martirio crudele, affrontato come dono della vita, testimonianza a Gesù morto e risorto.

Grande è la pena dei familiari, degli amici e di tutti noi che abbiamo conosciuto e pianto tante persone, di tanti giovani in Francia,  per mano di fanatici omicidi, testimoni non della vita, ma della morte, della violenza e dell’odio. Tutti siamo rimasti ammutoliti per tanta efferatezza, come siamo mortificati e impotenti di fronte a tanta sofferenza e morte nei vari teatri di guerra in Siria, in Africa e altrove.

Eppure al tempo di Fermina era normale torturare, mettere a morte, martirizzare uomini e donne, fanciulle deboli, persone indifese non perché colpevoli di delitti esecrandi, ma solo perché credenti in Gesù Cristo e testimoni del suo amore per ogni uomo, propagatori del perdono per i nemici, adoratori di un Dio amore.

Allora sadici persecutori in nome di una idolatria imposta, oggi fanatici propagatori di odio e di morte in nome di una intolleranza irrazionale, spesso esercitata con violenza verso cristiani inermi.

Quanto è pericoloso il cuore  e l’animo umano!.

Fermina ci insegna ad affrontare le angustie del giorno d’oggi: la fedeltà al proprio dovere, alla propria missione, ai propri principi, alla propria religione, la difesa della vita.

Nel Vangelo c’è il segreto di una vita riuscita e feconda: quel Vangelo che Fermina ha predicato a Centum celliae. Se l’uomo, la donna di ogni tempo non diventa chicco di frumento, coperto dalla terra, non può diventare fecondo e portatore di vita. Come Gesù ha detto e fatto con la sua morte.

Il martirio e la morte sono il chicco di frumento, che muore sotto terra e produce molto frutto di amore e d vita. La nostra fede e la nostra identità è frutto della fecondità del martirio di Fermina.

Al tempo di Fermina non c’è stata l’emozione suscitata per la morte dei giovani francesi, della nostra connazionale Valeria Soresin per tanti volti sorridenti. Eppure dopo tanti secoli ci ricordiamo di Fermina, continua a vivere nella chiesa, nella nostra città e nelle nostre diocesi.

Cari giovani siate conoscitori della esperienza umana e cristiana di Fermina. Cari Amerini, la festa della vostra patrona non sia solo rinnovo di tradizioni folkloristiche, ma vicinanza e devozione alla nostra eroina, che ha fecondato di civiltà, di amore e di bontà queste nostre terre.

Troviamo una maniera nuova e alta per onorare con iniziative di fede e di carità la nostra Patrona,con inventiva e fantasia.  Il prossimo Giubileo della Misericordia ci spinga, sull’esempio di Santa Fermina, a rinnovare la nostra fede in Dio, a cambiare vita e a lasciarci abbracciare da Dio Padre misericordioso.

L’offerta dei ceri, che abbiano compiuto con tanta cura e meticolosità, voglia tradursi in ciò che significa: riconoscimento della signoria di Dio, offerta della propria vita e del proprio amore che arde per Dio, devozione a s. Fermina, partecipazione della propria comunità alla cura e gestione della tomba e della concattedrale di Amelia, impegno per la carità verso il prossimo, come abbiamo chiesto nella Colletta:

Concedi a noi, per intercessione di Santa Fermina, di vivere nella fedeltà al tuo amore, testimoniando la fede in opere di carità fraterna”.

 

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