Sarà un caso che nel giorno dell’approvazione del Ddl Lavoro, meglio noto come “ammazza diritti”, del ministro Elsa Fornero esca una intervista sul prestigioso Wsj in cui il lavoro viene cassato dalla lista dei diritti? Poi si corregge Fornero, preoccupata di aver fatto una affermazione decisamente anticostizionale, e dice “ho ripetuto un concetto già noto: il posto non è un diritto non il lavoro”: ma il graffio rimane.

Anzi, la pezza a ben vedere è peggiore del buco: “Il posto di lavoro non e' un diritto - aggiunge - deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici''. E brava Fornero! A parte che sta parlando in un paese, l’Italia, in cui il costo del lavoro è tra i più bassi tra i paesi industrializzati, l’orario settimanale tra i più alti; più alto, anche, il tasso di lavoro nero, così come è altissima la perdita che in poco più di dieci anni gli italiani hanno dovuto subire sulla busta paga.

Quali altri sacrifici sono rimasti da fare considerando che anche la produttività del lavoro prima della crisi aveva raggiunto livelli coreani? E ancora, sono circa un milione i lavoratori “non più giovani” che fanno ancora un lavoro precario – e questo nonostante avessero detto che la precarità serviva da “aviamento” – e sono 350mila gli esodati rimasti intrappolati tra la non pensione e il licenziamento. The last but non least: siamo il paese degli “stage” senza fine e degli infiniti corsi di formazione, il paese dei contratti bloccati e della assoluta mancanza di sicurezza sul lavoro, delle donne incinte considerate "malate" e quindi con buste paga decurtate. Tutto questo disegna un “orizzonte” della condizione del lavoro in cui i sacrifici non sono più possibili. Perché Fornero si preoccupa di fare del melodramma parlando a vanvera di sacrifici invece di commentare le sentenze contro la Fiat?

E poi rimane un punto qualificante che Fornero non considera volutamente: il sacrificio in se, come dimostra la vicenda Fiat, non conta niente se non c’è una “parte padronale” pronta a giocare il suo ruolo. Vale lo stesso discorso per l’assenza di una qualsiasi politica industriale da parte del Governo. Ha fatto bene il segretario della Fiom Maurizio Landini a dire che oggi il problema “è che la gente il lavoro non ce l'ha. Non bisogna lavorare di piu', ma lavorare di meno e lavorare tutti".

Fonte: controlacrisi.org

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