di Daniele Ciri

FOLIGNO - C'è qualcosa che duole dentro nel pensare che la stagione del Foligno, a sole tredici giornate dall'inizio del campionato, sia ormai compromessa. Per tanti motivi. Per un senso di appartenenza che, al di là della professione di chi scrive, unisce tutti nello sperare sempre il meglio per tutto ciò che porta il nome della città. Per il fatto che, nell'anno del decennale della presidenza Zampetti, sembra davvero impossibile dover commentare una tale prospettiva. Per tutto ciò che era stato detto in estate: proclami e annunci che avevano indotto tutti a pensare che stavolta davvero si poteva puntare ad una salvezza tranquilla. Al di là dei fattori puramente sportivi e tecnici, visti tutti questi motivi, ciò che rimane dentro nel vedere il Foligno ultimo a zero punti è, innanzitutto, il dispiacere.

Occorre però, tolto lo stato d'animo, stabilire le cause, verificare le responsabilità, individuare le cure. Anche in questo caso, per tanti motivi: perchè comunque la matematica non ha dato ancora il suo verdetto definitivo e perchè, vada come vada, il Foligno deve imparare dai propri errori. E in tal senso un periodo di dieci anni è in grado di fornire un tempo utile per fare un bilancio credibile tra meriti e demeriti.

La scorsa settimana il direttore generale Cherubini ha dichiarato: "I presupposti estivi sono tutti confermati per il 90% dei punti. Mancano solo i risultati della prima squadra. Per quanto riguarda il resto della struttura, parlo della ristrutturazione della sede, della riorganizzazione interna, dell'inserimento di nuovi dirigenti nel settore giovanile, di nuovi progetti per la scuola calcio, sta andando tutto come avevamo annunciato. Stiamo lavorando a 360°, su tutti i fronti. Tutto sta crescendo, tranne i risultati della prima squadra".

E' vero e tutto conferma che, probabilmente, tanto slancio era sincero perchè basato su elementi di concretezza. Ma i risultati della prima squadra non sono un dettaglio, sono il centro della questione e il perno su cui si muove l'azione della società. E allora, se la stagione è stata presentata come quella del rilancio e della salvezza tranquilla dopo quella soffertissima di Terni, se la conferma di Pagliari è stata presentata come il motivo per credere in tutto questo, se tanti nuovi arrivi sono stati presentati come la conferma di una vocazione, da parte dell'ambiente biancazzurro, in grado di scoprire e valorizzare giovani promettenti: come bisogna leggere i risultati fin qui ottenuti, l'esonero e poi il recupero di Pagliari, il rendimento di alcuni ragazzi che non sembrano ancora in grado di proporre non soltanto qualità ma capacità di gioco?
La parola è una sola e attende, inesorabile, il giudizio di tutti: disastro.

Sicuramente non voluto, ma comunque frutto di alcuni e diversi errori.

Uno di questi riguarda l'amalgama tra giovani e "vecchi". Di sicuro non sta funzionando, soprattutto in alcuni ruoli chiave come il centro della difesa. Probabilmente, da questo punto di vista, dire addio con tanta fretta a Gregori è stato uno sbaglio. Sia perchè un po' più di esperienza là in mezzo serviva, sia per il contributo che il difensore riusciva a dare come elemento rappresentativo dello spogliatoio. Tolto Coresi, che si danna l'anima per cercare di dare una svolta alla squadra, ciò che sembra mancare a questo Foligno è proprio quel qualcosa in più che i senatori dovrebbero essere in grado di fornire. Sempre e comunque.

Altro fattore, più tecnico, è la scelta dei nuovi arrivi. Dopo il rendimento tutt'altro che virtuoso del reparto offensivo dello scorso anno, sarebbe stato certamente più utile affidarsi, anche in questo caso, a qualcuno di esperienza, capace di dare sostanza e peso alla manovra. Si è optato per una filosofia diversa e i risultati parlano chiaramente. Anche nel mezzo dello schieramento qualcosa non torna rispetto alla qualità che doveva arrivare insieme a qualche nuovo interprete e il risultato è che, spesso, il centrocampo non costruisce e non copre. D'altronde cambiare tutti gli anni la rosa per gran parte degli elementi, percorso obbligato dalle necessità economiche, può portare vantaggi ma anche spiacevoli svantaggi.Basta sbagliare uno o due nomi in ruoli determinanti e niente va come dovrebbe andare.

La stagione in corso ne è un esempio lampante.
Come detto però, la matematica non ha espresso il suo verdetto e, nel calcio, è obbligatorio crederci.
Ma a crederci deve essere la società, prima della squadra, prima dei tifosi. Anche in questo caso riportiamo le parole di Cherubini della scorsa settimana: "Fare risultato a Viareggio significa tenere aperta la speranza di fare altre operazioni di mercato. Se nelle prossime partite noi allarghiamo la forbice che ci divide dal Viareggio, è più difficile e più fragile la nostra posizione nel chiedere al presidente di intervenire".
A questo punto occorre intervenire a prescindere da quello che è successo a Viareggio, a prescindere da quello che potrebbe accadere contro il Monza o nelle prossime due o tre partite. E occorre farlo con un rinforzo per ogni reparto, per tempo. Senza aspettare l'ultimo minuto.

Altrimenti, coltivare una speranza sarà realmente dura. Per tutti, giocatori compresi.
Altrimenti si correrà il rischio di ricordare, di questi dieci anni, solo il peggiore dei finali che la sorte poteva progettare. 

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