Va compreso e rispettato il senso di sfinimento delle lavoratrici e dei lavoratori della Faber che, a maggioranza, hanno infine deciso di sospendere lo sciopero e il presidio che da 18 giorni li ha visti impegnati davanti ai cancelli della loro fabbrica a difesa della vita di questa e del loro posto di lavoro. Di fronte alla chiusura totale dimostrata dall'azienda anche nell'incontro con le Regioni, provati dal freddo tagliente dei giorni e delle notti appenniniche, scoraggiati dalle prime fitte nevicate non si poteva certo pretendere che la loro combattività si trasformasse in una sorta di martirio e vi saranno senza dubbio altre occasioni per respingere al mittente la sua innaccetabile arroganza.

Ma quanto è emerso dalla fitta giornata di incontri di ieri e dall'esito dell'assemblea serale non è altrettanto degno di comprensione e di rispetto. E' innanzittutto inaudita l'arrendevolezza dimostrata in questa vertenza dai vertici sindacali di categoria, gli stessi che non hanno certo brillato nella conduzione di quella alla Merloni, ed è incredibile il loro atteggiamento notarile di fronte alle decisioni della Franke. Ha dunque funzionato un'altra volta il prevedibilissimo trappolone messo in piedi dai vertici dell'azienda e i sindacati ci sono cascati a peso morto, giocando infine un ruolo attivo e concorrente con la neve nella decisione dei lavoratori di interrompere la mobilitazione permanente. E' dunque successo così, come avevamo previsto: l'azienda ha dimostrato la sola disponibilità ad incontrarsi con le Regioni, ma di fatto non c'è mai stata alcuna possibilità di trattare concretamente per la salvaguardia del sito produttivo di Fossato di Vico. Prendere o lasciare, al resto ci pensa la cassa integrazione.

I sindacati si sono presto arresi, tornando a mani vuote dagli operai e sostenendo l'impossibilità di respingere la decisione dell'azienda anche da parte delle Regioni, rimandando il proprio impegno all'unica soluzione effettivamente considerata, quella del ricorso al regime della cassa integrazione senza alcuna prospettiva occupazionale successiva, non in un Paese in piena recessione, non certo in questo territorio, in assenza di una benchè minima ipotesi concreta di reindustrializzazione che pur si deve progettare non lasciando intentato alcuno sforzo per conservare almeno ciò che ancora c'è, come nel caso della Faber. Un senso di impotenza e di scoramento trasmesso infine alle lavoratrici e ai lavoratori, una repulsione quasi solo moralistica per la prepotenza di una multinazionale che non ha nulla a che vedere con una necessaria cultura sindacale da agire con determinazione in una situazione classica del conflitto capitale/lavoro ancorchè così esemplare nei tempi della globalizzazione liberista e delle delocalizzazioni che soprattutto in Italia, tra i Paesi maggiormente industrializzati, si stanno moltiplicando oramai da anni, senza che i governi abbiano fatto alcunchè per evitarlo.

Ed è proprio nell'assenza totale del governo in questa vertenza che si sta oggi consumando inesorabilmente, fino a prova contraria, la sorte di 190 lavoratrici e lavoratori e di una delle pochissime grandi fabbriche ancora presenti nel nostro territorio e che presto si consumerà con il definitivo abbandono di tutte le altre articolazioni produttive nell'area marchigiana.

Un giorno sì e l'altro pure, è da un mese che stiamo diventicando rauchi e pedanti nell'invocare un intervento diretto del governo e del Ministero dello sviluppo economico per respingere la decisione della multinazionale. Per quanto alcuni parlamentari si siano cimentati in richiami ed interpellanze burocratiche solo dopo le nostre sollecitazioni e per quanto anche le Regioni siano intervenute a questo scopo, non vi è stato ancora alcun segnale che ci faccia presagire un interesse ed una volontà da parte del governo per la situazione venutasi a creare alla Faber e nell'economia dell'Appennino umbro. Richiedere in casi come questo che un governo nazionale si prenda cura di una vertenza del lavoro e si adoperi affinchè un'altra multinazionale se ne vada dall'Italia e chiuda dalla sera alla mattina uno stabilimento storico non è aria fritta nè può essere considerato alla stregua di un'utopia. E' il minimo che possa fare qualsiasi governo che abbia consapevolezza reale delle priorità nell'economia reale e della necessità di una politica industriale per superare la crisi che la sta travolgendo.

Ed è il minimo che possano responsabilmente pretendere i sindacati, i quali dovrebbero rappresentare il lavoro e non adagiarsi in considerazioni di altra natura o opportunità, anche attraverso azioni eclatanti di mobilitazione e di protesta, senz'altro predisponendo una piattaforma di proposte concrete. E' per questo che troviamo incredibile l'arrendevolezza dei loro vertici locali seguita all'incontro con le Regioni di ieri, senza che prima abbiano compiuto ogni passo per portare la vertenza al Ministero dello sviluppo economico, entro un tavolo di trattativa che solo può essere il terreno per una soluzione positiva della vicenda e per evitare la perdita di un altro pezzo dell'industria nazionale. Speriamo almeno che non si siano già messi d'accordo per l'avvio delle procedure per la cassa integrazione.....

Per queste ragioni e nell'interesse esclusivo delle lavoratrici e dei lavoratori della Faber, crediamo tuttora aperto uno spiraglio che possa rimettere in discussione le decisioni della multinazionale e riaprire un confronto sulle prospettive dello stabilimento e delle produzioni di Fossato di Vico e su questa possibilità devono convergere ed impegnarsi sia le organizzazioni sindacali sia le Istituzioni regionali e locali. A questo punto la protesta delle lavoratrici e dei lavoratori della Faber deve essere portata al più presto possibile a Roma, davanti al Ministero dello sviluppo economico, con lo scopo di pretendere una convocazione immediata di un tavolo di trattativa con la multinazionale ed in quel contesto agire soluzioni di politica industriale, con tutti i mezzi disponibili ad un governo.

Gli operai della Faber hanno anche un'opportunità ravvicinata per far conoscere e rivendicare le loro ragioni fuori dai confini dell'Appennino. E' la grande manifestazione indetta dalla FIOM per il prossimo 11 febbraio a Roma. Nella sua piattaforma vi sono già rappresentate tutte le istanze del lavoro su cui in questi giorni essi si sono impegnati e sarebbe un bene che la vertenza Faber possa trovarvi il posto che merita.
Mentre scriviamo, fuori sta nevicando intensamente, nevica in tutt'Italia e tutto il Paese si appresta a fermarsi per quattro o cinque giorni. Ad occhio e croce ci giochiamo mezzo punto di PIL, un pò di crescita in meno rispetto alle previsioni dei mercati. Chissà se il governo Monti, anzichè pensare alle fabbriche che chiudono ed alle aziende che se ne vanno, stia già pensando a come liberalizzare gli elementi della natura e a come mettere in concorrenza sole, vento, pioggia e neve...Faber, de te fabula narratur.

 

Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini

 

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