Expo Emergenze/ Marini: una nuova legge per la ricostruzione post sisma
BASTIA UMBRA – "L'idea della Giunta regionale, sulla quale stiamo già lavorando, è quella di definire una legge regionale che se per un verso possa formalmente dichiarare chiusa in Umbria la straordinaria e imponente opera di ricostruzione post sisma 1997, per l'altro verso possa permettere di risolvere criticità, soprattutto di ordine burocratico che ancora bloccano alcuni interventi, e recuperare così risorse per circa 200 milioni di euro da mettere a disposizione sia dei cittadini che dei Comuni per finanziare un nuovo piano di interventi per il completamento della ricostruzione, dando oltretutto una significativa opportunità al nostro sistema delle imprese".
È quanto ha annunciato la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, illustrando a Bastia Umbra, nell'ambito di Expo Emergenze 2016, i principi del disegno di legge di iniziativa della Giunta regionale "che vorremmo – ha aggiunto Marini – sia il più partecipato possibile con i cittadini, le amministrazioni comunali, le imprese ed i professionisti". All'iniziativa hanno preso parte, tra gli altri, il direttore regionale all'urbanistica e assetto del territorio, Diego Zurli, e i dirigenti regionali Alfiero Moretti e Filippo Battoni.
La presidente, quanto alla tempistica della nuova legge, ha affermato che presto la Giunta regionale esaminerà e pre-adotterà un bozza "che vorremmo già trasmettere alla Commissione consiliare competente affinché anche l'Assemblea regionale possa dare il suo utile contributo". L'adozione dell'atto da parte della Giunta potrebbe poi avvenire entro il prossimo mese per poterlo quindi definitivamente trasmettere all'Assemblea legislativa per il suo iter di approvazione che dovrebbe avvenire auspicabilmente prima della pausa estiva.
Nello specifico, ha spiegato la presidente, il disegno di legge si pone l'obiettivo di disciplinare tutte quelle controversie che ancora impediscono la conclusione di un numero residuale di interventi, quali il mancato inizio dei lavori, fine dei lavori oltre i termini stabiliti, revoche di contributi, assenza di un interesse da parte di soggetti privati o pubblici a realizzare l'opera ammessa a finanziamento, controlli avviati ma non conclusi dei quali, in alcuni casi, nemmeno il soggetto titolare del finanziamento ne ha una precisa cognizione. Dunque, le nuove norme dovrebbero prevedere una serie di soluzioni per quelle controversie che di fatto hanno bloccato l'avvio o la conclusione dei lavori o, addirittura, pur essendo stati effettuati i lavori non vi è stata la totale liquidazione degli stessi per impedimenti di carattere burocratico.
"Serve un grande lavoro di squadra – ha proseguito la presidente – che coinvolga non soltanto le istituzioni, ma anche i privati e le imprese assieme ai progettisti. Insieme possiamo lavorare ad una legge che aiuti il definitivo completamento della ricostruzione, penso alle seconde case, o a quei progetti di animazione economica che ancora potrebbero dare un positivo contributo allo sviluppo economico, e ci consenta quindi di recuperare risorse preziose".
La presidente, quanto allo specifico tema delle seconde case, ha annunciato che "si potrebbe proporre al Governo per il finanziamento degli interventi in Umbria lo stesso meccanismo finanziario già praticato in Italia dopo gli eventi sismici del 2012, autorizzando il ricorso al credito di imposta garantito dalla Cassa depositi e prestiti".
Infine la presidente ha affrontato il tema dei "precari del terremoto", che riguarda 32 lavoratori: "stiamo lavorando da tempo affinché siano individuate quelle norme necessarie a porre fine a questa condizione di precarietà che dura da troppo tempo, e poter quindi offrire loro una condizione lavorativa stabile ed a tempo indeterminato".
Sabato
04/06/16
18:48
Visto che la Presidente Marini chiede il contributo di "Tecnici" ne approfitto per dire la mia.
Su una legge nazionale che stabilisca le modalità di calcolo degli indennizzi pubblici, che entrasse subito in vigore alla attivazione dello stato di emergenza se ne parla dai tempi di Zamberletti (sisma del friuli).
Una legge del genere potrebbe anche prevedere le modalità di calcolo e consentire la elargizione rapida dei contributi in funzione della tipologia di calamità senza attendere le specifiche ordinanze: ma qui entriamo nello specialistico.
Mi fermo alla valutazione di come gli indennizzi statali (regionali) potrebbero essere erogati a seguito di gravi terremoti sul patrimonio immobiliare dei "Privati". Tralascio di approfondire gli interventi pubblici e soprattutto le motivazioni per cui lo Stato dovrebbe elargire tali contributi: qui diciamo semplicisticamente "per solidarietà" o se preferite, per ripristinare il contesto urtano, perché un edificio semi diroccato che resta inabitato per anni non sarebbe un bello spettacolo per la città e anche per evitare i problemi intuibili derivanti dal suo degrado.
Quindi sono almeno tre i motivi che autorizzano lo Stato ad intervenire a elargire indennizzi pubblici (prelevati dagli altri cittadini) ai proprietari di edifici danneggiati dal sisma: la solidarietà verso i proprietari ( in funzione del loro reddito); la necessità di rendere urbanisticamente fruibile il comparto edilizio danneggiato e quindi di riattivare il circuito sociale ed economico preesistente e da ultimo favorire la prevenzione sismica in previsione di ulteriori sconvolgimenti tellurici (l'Italia é una regione sismica e bisogna prevedere nei decenni successivi ulteriori scosse).
Un sistema facile da attivare per definire e quantificare i principi di intervento dello Stato è quello di separare le parti comuni e dell' edificio danneggiato, o meglio le parti comuni e quelle visibili dall'esterno ( scale interne compresi i portoncini di acceso agli alloggi, gli scarichi e gli allacci, i tetti, gli infissi, le tinteggiature,ecc i negozi a piano terra), da quelli strettamente di proprietà privata (alloggi).
Se si opera questa suddivisione preliminare si ha subito la percezione di quanto debba essere esteso l'intervento dello stato e l'entità del contributo.
Caso per caso i progettisti faranno un progetto di recupero e miglioramento sismico delle parti strutturali che sono comuni a tutti i proprietari) e uno di recupero urbanistico che comprende tutte le opere (elencate in precedenza) che lo fa sembrare completo da chi ,o osserva dalla strada e quindi inserito nel contesto urbano sebbene gli alloggi interni potrebbero anche essere lasciati al grezzo.
A mio avviso il contributo dello Stato dovrebbe limitarsi a questo.
Ogni proprietario potrebbe intervenire a sue spese nella ristrutturazione del suo alloggio, agendo contemporaneamente agli interventi sulle parti comuni o anche in seguito ma fruendo solo di un mutuo agevolato, garantito dallo stato, o al massimo con un bonus forfetario a Mq uguale per tutti.
Chi accetta l'indennizzo per la ristrutturazione del suo alloggio dovrebbe però impegnarsi ad abitarlo o affittarlo a canone concordato.
E' un sistema facile da attivare perché tara l'intervento sulle parti comuni senza tirare in ballo le opere interne agli alloggi che spesso sono la causa dei contenziosi. E' facile anche da calcolare perché il computo riguarda solo poche voci del prezzario e quindi non richiede la pletora di "precari" che, pur sapendo di esserlo al momento della loro assunzione, ora reclamano un posto fisso come se non avessero saputo che il posto che andavano ad occupare era "precario".
Ora la loro "regolarizzazione" sembra una beffa a danno di chi allora non si é candidato proprio perché quello era un posto "precario".
Per quanto si tratti di problemi seri per molti, questo modo di cambiare le regole a favore qualcuno,a discapito di altri, a me pare una ingiustizia.