(AVInews) – Passignano sul Trasimeno, 28 set. – Da anni si parla di progetti di riqualificazione e da anni la comunità di Passignano sul Trasimeno attende una svolta e una soluzione definitiva relativamente all’area Sai Ambrosini in stato di completo abbandono e degrado. L’incontro che si è svolto venerdì 27 settembre all’auditorium ‘Urbani’ sembra finalmente dare un segnale positivo in questa direzione vista la presenza, attorno allo stesso tavolo, di rappresentanti della proprietà, delle istituzioni locali, del mondo dell’imprenditoria umbra e di architetti specializzati nella ‘rigenerazione delle ex aree industriali’. E questo, d’altronde, era anche il titolo dell’incontro a cui hanno partecipato decine e decine di passignanesi, a testimoniare quanto il tema sia sentito. Ai lavori hanno portato il loro contributo Maria Luisa Guerrini, presidente dell’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Perugia, Sandro Pasquali, sindaco di Passignano sul Trasimeno, Paolo Belardi, professore del dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università degli studi di Perugia, Gilda Giancipoli, funzionario architetto della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio dell’Umbria, e gli architetti Marco Petrini Elce e Andrea Oliva.

“Diamo il via oggi a un nuovo metodo di confronto partecipativo, che coinvolga i cittadini e guardi al futuro – ha esordito il sindaco Pasquali –. Un futuro fatto di sostenibilità, riduzione di cubature e, soprattutto, che guardi alle necessità di Passignano. Alla proprietà della ex Sai spetta di gestire la partita come meglio crede; a noi, alla politica, spetta di trovare un tavolo il più largo possibile, con nuove partnership e la cittadinanza tutta”. In questo senso, è stato portato l’esempio di successo, replicabile anche a Passignano, delle ex Reggiane di Reggio Emilia alla cui riqualificazione ha dato il proprio contributo Oliva. “È fondamentale – ha spiegato l’architetto – avere la capacità di tenere insieme tutte le forze e le parti interessate, ognuna con il proprio ruolo. Bisogna partire con piccoli passi, fare interventi puntuali, senza pensare necessariamente a un intervento su grande scala perché verrebbe meno l’elemento fondamentale che è quella economico. Attraverso una programmazione nel tempo ci sono le condizioni per perseguire questo tipo di obiettivi”. “Il segreto – ha espresso il suo parere Belardi – è intervenire con la mentalità italiana. Non si demoliscono le cose, come ci ha insegnato la cultura capitalista americana ma si recuperano, pazientemente, e si costruisce sul costruito, magari sotto, sopra o accanto, ma non si rinuncia a ciò che già esiste. Ciò che già esiste è la memoria, il nostro passato e la nostra tradizione. Io credo che si possa innovare rispettando la memoria”. Questo anche il punto di vista di Guerrini: “Recuperando gli edifici esistenti – ha detto –, ridiamo loro un futuro e quella dignità che il tempo ha eroso. Capendo la memoria di questi luoghi li si può rivalorizzare e, attraverso tecniche innovative, un’estetica diversa o complementare a quella esistente, se ne possono fare dei contenitori nuovi”. Centrale a questo punto il tema del consumo del suolo affrontato da Petrini Elce. “Tutto ciò che riusciamo a recuperare – ha ricordato l’architetto – determina minore consumo del suolo. In Gran Bretagna ci sono politiche contro il consumo di suolo in vigore dal 1930 mentre in Italia non c’è niente di simile. Questo è un problema enorme ed è paradossale se si pensa all’enorme crisi dell’edilizia e al continuo calo demografico. Evidentemente c’è un’azione speculativa molto forte e un’enorme carenza della politica”.

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