di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Chi ama i giochi di parole aveva subito intuito che non sarebbe stata, quella del Perugia, una stagione normale. Perché?
Ad anagrammare il cognome del tecnico, Castori, infatti, viene fuori il termine "STORICA". 
Tuttavia, come insegnano gli antichi indovini, i preveggenti, le sibille (ed anche un buon numero di imbonitori e ciarlatani dei giorni passati e dei tempi nostri) molti lemmi e tante frasi contengono un senso duplice o, comunque - cambiando, magari, la posizione di una virgola (ricordate la profezia della Sibilla Cumana: "Ibis, redibis non morieris in bello"?) - un significato del tutto diverso, se non opposto. 
Gli inizi, balbettanti, del campionato, avevano subito indotto pensieri cupi, preoccupanti. Ed anche durante e dopo la parentesi di Silvio Baldini (che resta, al di là delle tre sconfitte subite in tre turni, una persona competente, acuta e sensibile, anche come allenatore al contrario di come lo dipingono alcuni detrattori: se non altro aveva compreso e messo in luce perfettamente i problemi della squadra e del club) la situazione non era di certo migliorata. 
Allo slogan, lanciato da Santopadre con il richiamo sulla panchina biancorossa del tecnico marchigiano - "Castorizziamoci tutti" - un flebile raggio di sole aveva solcato il cielo grigio e nero, minaccioso di turbini e tempeste, tanto che la squadra era riuscita a riparare in una baia tranquilla (fuori della zona play out). Per poi ripiombare giù, in maniera inarrestabile, in mezzo al mare forza 9, fino al doloroso naufragio: "infin che 'l mar fu sovra noi richiuso", per dirla con Dante. Ed in effetti, quello di questa stagione, si è rivelato "un folle volo", sia pure con interpretazione del tutto opposta a quello, eroico di Ulisse, alla ricerca di virtù e conoscenza.
Ed ecco che, oggi, la previsione degli amanti dell'enigmistica si avvera: la stagione può essere definita "Storica", ma nell’interpretazione negativa, sfavorevole, del termine: la seconda nel giro di tre anni, la più amara ed indigesta per il modo in cui è maturata. 
Sia chiaro: non va certo addossata a Castori (se non in parte) la responsabilità della sonora, rovinosa caduta. Come amava ripetere Guido Mazzetti: "Chi vince è un bravo ragazzo, chi perde... (con quel che segue). E nessuno può sottrarsi a questa regola, impietosa, del calcio (e della vita), neppure i professionisti più importanti.
Molti osservatori si soffermano, per motivare il tracollo, sugli aspetti tecnici e tattici. A ben vedere, emergono, dal quadro generale, pure - e forse con peso preponderante - situazioni psicologiche, imposizioni cervellotiche, gestioni vecchio stampo (politica del bastone e della carota), mancanza di legame, feeling e amore (sì, ripeto, amore, perché una squadra di calcio riveste non solo un ruolo sportivo ed economico ma anche, e soprattutto, una funzione totemica, identitaria per la comunità) per la città. 
Senza contare i rapporti conflittuali della dirigenza biancorossa con i vari allenatori (Camplone, Caserta, Alvini, su tutti) ed i direttori sportivi (Goretti prima, Giannitti poi).
Ma torniamo, in conclusione per regalarci un sorriso, sia pure mesto, all'enigmistica: provate a cambiare due lettere (una vocale ed una consonante) alla parola Santopadre. Vi scervellate e non risolvete il dilemma? vi aiuto: Perdetanto.

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