di Leonardo Caponi.

E’ morto Walter Micheletti. Non so a quanti dirigenti e militanti della sinistra oggi, questo nome dirà qualcosa. Eppure con lui, scompare un altro pezzo, uno degli ultimi, della storia del movimento operaio perugino ed umbro degli anni della ricostruzione, della modernizzazione e dello sviluppo dell’Umbria. Walter ha lavorato una vita alla CIGL, o come preferibilmente era chiamata allora, alla Camera del Lavoro di Perugia, dagli anni dell’immediato dopoguerra a circa la metà del decennio 80/90. E’ morto di vecchiaia, a 94 anni, presso l’Ospedale di Perugia, dove era stato ricoverato pochi giorni fa, a causa di difficoltà respiratorie. Fino a due anni fa guidava l’automobile e, fino all’ultimo è stato fisicamente autonomo e presente a se stesso. I funerali si svolgeranno lunedi prossimo a Torgiano, dove risiedeva di molti anni. La Camera ardente sarà aperta da sabato all’Obitorio del Silvestrini.

Il suo ricordo mi suscita, per così dire, due commozioni. La prima perché mi riporta ai miei anni da bambino e da ragazzo, ai locali fumosi e al rumore del ciclostile della Camera del Lavoro, prima in Viale Indipendenza, poi in via Fiorenzo di Lorenzo, alla memoria di mio padre, che fu per lui una specie di padre fratello, che lo nominò verbalizzante della Segreteria e col quale rimase in ogni epoca legatissimo. Lo ricordo come uno dei pochi in grado di scrivere a macchina e me lo insegnò in un estate nella quale Alfio mi mandò “in vacanza” alla CIGL, non soltanto per imparare a scrivere appunto a macchina, ma per “respirare” l’aria del lavoro. Spesso mi accade, forse perché sono diventato vecchio anch’io, di rimpiangere quegli anni che, ultimo dei moicani forse, considero di gran lunga migliori di quelli di oggi, perché animati da una passione, una pulizia, un disinteresse, da grandi masse in campo, di cui oggi si è persa persino la memoria. Ricordo Walter, negli anni ‘50 organizzatore della sfilata dei carri del Primo Maggio e, quando ho saputo della sua scomparsa, ho riguardato una foto che mi ritrae, avrò avuto 10 anni, alla guida della riproduzione in scala ridotta di un aereo che avevano fatto gli operai della Sai di Passignano.

Micheletti non ha mai avuto, in CGIL, un ruolo propriamente politico, pur potendo essere considerato, in quel gruppo dirigente, come maestro, un intellettuale e si era dedicato e ritagliato un ruolo giuridico amministrativo. Detenne, in quel campo una posizione chiave e acquisì una straordinaria conoscenza della legislazione sui rapporti e i contratti di lavoro che lo metteva in grado di “insegnare” le nuove normative ai dirigenti pubblici degli Uffici del lavoro. Fu segretario dell’INCA e passò poi all’Ufficio vertenze. Era magro, alto, per quanto era allegro e ottimista nella vita, nel suo lavoro e nel futuro.

Allo scioglimento del Pci Micheletti (mi vien fatto di chiamarlo, come usava allora, col cognome) scelse Rifondazione comunista. Non ebbe dubbi. Deciso, pratico fu , per la sua età e l’esperienza, ancora una volta non un oratore, ma un sostegno per tutti noi. Si era sposato, in età avanzata per entrambi, con l’Edelweys, una ex operaia dell’Angora Spagnoli. Fu una unione lunga e felice per entrambi. Scelsero di vivere in una villetta, alle porte di Torgiano, dove fondarono il Circolo di Rifondazione. La loro casa con giardino e focolare, divenne punto di riferimento per incontri e cene memorabili tra compagni e compagne. L’Edelways rappresentava la “base” ed era sempre critica e polemica nei confronti dei vertici e, dato che in quella occasione, io, anche come parlamentare, rappresentavo uno dei vertici, se la prendeva prevalentemente con me.

L’ultima volta che l’ho visto (nonostante i continui proponimenti di andarlo a trovare) fu, qualche anno fa, alla cerimonia di consegna da parte mia alla CIGL dei famosi tre famosi “libretti”, recanti i verbali delle riunioni della Segreteria della Camera del Lavoro dal 1948 al ’55, quasi tutti scritti da lui, ricercati da tutti, che mio padre aveva conservato a casa e io ritrovato casualmente.

Con Walter scompare anche un pezzo della mia vita, del mio animo, ma non i ricordi di un’epoca incancellabile.

Ciao, a pugno chiuso.

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