Che due tipi come Mastrapasqua e Fornero si accapiglino pubblicamente sulla vicenda tragica degli esodati è un'infamia supplementare.
Due articoli da "il manifesto" si rivelano molto utili per capire strategie, interessi, comportamenti veri di soggetti iperprotetti che dispongono il massacro di decine di milioni di persone. Ma vorrebbero addiritura fare la figura dei disinteressati e "corretti" sulle pagine dei giornali.

Il regno di Mastrapasqua

di Francesco Piccioni

La guerra tra il ministro Elsa Fornero e i vertici dell'Inps, innescata dalla relazione con il vero numero di «esodati» - 390.200 invece dei soli 65.000 «decisi» motu proprio dal governo - ha prodotto intanto una mozione di sfiducia parlamentare (quella popolare ha raggiunto livelli difficilmente egualiabili). L'hanno presentata insieme Idv e Lega, riunificando le proprie proposte. Questo esercito di lavoratori lasciati per strada senza più salario o cig e senza nemmeno la pensione è troppo grande per non essere recepito da un'opposizione in Parlamento. Magari anche solo per calcolo elettorale. Vedremo quale sarà l'esito; le dimissioni del ministro più esposto del governo sarebbero in effetti il primo vero colpo a una compagine che appare ogni giorno più zoppicante. Di certo, ci dicono dall'Inps, «i numeri forniti dall'Ufficio statistico sulla quantità di esodati sono verissimi»

Sbaglia però di grosso chi vuol leggere questo scontro come una vendetta del berlusconiano Antonio Mastrapasqua contro un «tecnico» inizialmente considerato «in quota Pd», come lo stesso ministro ha fatto intendere. E la questione non sta nel «gioco della torre» con due personaggi certo diversi, ma entrambi estremamente nocivi per il mondo del lavoro e il welfare.

La nomina di Mastrapasqua a presidente dell'Inps, con poteri assoluti (assomma la carica di presidente e quella di amministratore unico) è arrivata in effetti dal governo precedente, grazie al "cerchio magico" di Gianni Letta. Chiaro il compito: smantellare la previdenza pubblica, privatizzarla, esternalizzare al massimo le funzioni chiave. Mario Monti (e il ministro del lavoro, ossia Fornero) l'hanno non solo confermato nel ruolo, ma ne hanno prolungato l'incarico fino alla fine del 2014; per di più estendendo il suo regno anche all'Inpdap e all'Enpals, unificati sotto l'Inps con la «riforma Fornero» di dicembre.

Nemmeno le indicazioni politiche sono cambiate, perché la privatizzazione del servizio pubblico è addiritura più forte con questo esecutivo. Parte da questa politica un altro conflitto di lunga durata, stavolta tutto interno all'Inps, tra Mastrapasqua e il direttore generale Mauro Nori. Il primo tende a interpretare il suo ruolo in senso «monocratico», decidendo sempre in proprio e invadendo spesso competenze altrui. Oltre a Mori, infatti, sono state di fatto esautorate le prerogative del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ), che rappresenta le parti sociali (sindacati e imprese) e dovrebbe «determinare l'indirizzo dell'ente» e vigilare su bilanci ed altro. Ma se c'è un monarca, gli altri poteri sono solo un fastidio...

Non basta. Le pressioni di parlamentari e sindacati interni hanno infine convinto Fornero a istituire una Commissione per studiare la governance dell'ente e verificare la possibilità di ripristinare un normale Cda. Ipotesi vista da Mastrapasqua come fumo negli occhi, tanto da indicare a capo della commissione Giovanni Valotti. Un professore della Bocconi che fa parte anche dei comitati consultivi del Fondo Gamma e del Fondo Aristotele. Sono due fondi immobiliari che gestiscono il patrimonio in mattoni dell'Inps. Il primo fa capo a Idea Fimit (il cui presidente è sempre Mastrapasqua). Il secondo «cura» la dotazione di case dell'Inpdap e fa capo a Fabrica Immobiliare (controllata da Caltagirone, con una partecipazione Montepaschi).

Persino l'Organismo indipendente di valutazione (Oiv) - voluto dalla «riforma Brunetta» per testare «trasparenza e integrità» della pubblica amministrazione - è stato messo sotto tutela da Mastrapasqua nominando al vertice Francesco Varì. Un ex dirigente centrale del patrimonio Inps sprovvisto dei requisiti anagrafici per quel ruolo (ha 73 anni, mentre «non deve essere di età vicina alla pensione») e, da un'indagine interna all'ente, criticato per aver in qualche modo favorito le imprese cui era affidata la manutenzione del patrimonio immobiliare (Pirelli RE, Romeo, ecc). Pur essendo entrata in vigore la normativa europea che obbligava a gare pubbliche per gli appalti, aveva tacitamente rinnovato i contratti in essere.

La bulimia di incarichi di Mastrapasqua, tutti lautamente retribuiti, è ormai leggenda. Dall'Inps prende 265.000 euro annui, cumulando le cariche (e la remunerazione) di presidente e amministratore unico. La cosa poco simpatica è che questo bi-presidente emette fattura all'Inps, ma versa i contributi alla Cassa dei commercialisti anziché alla «gestione separata» dell'ente che dirige. Mastrapasqua è commercialista, in effetti, ma dovrebbe versare lì solo la percentuale dei proventi percepiti in quella professione, non gli altri. La convenienza per lui è certa - la Cassa garantisce una pensione calcolata col metodo «retributivo» (quello cancellato da Dini prima e da Fornero infine), mentre dall'Inps ne avrebbe ricevuta una col «contributivo» - ma in questo modo fa mancare una entrata all'Inps.

Tanto più che è anche vicepresidente di Equitalia, da cui riceve altri 540.000 euro annui. Eppure lo statuto delle vecchie esattorie (da cui è nata poi Equitalia) prevedeva una retribuzione di soli 25.000 euro. Come li ha potuti moltiplicare per 20? Semplice. Si è nominato (o fatto nominare) presidente anche di Equitalia Nord, Equitalia Centro ed Equitalia Sud, aggiungendovi qualche premio di produzione.
Ci fermiamo qui, ma l'elenco sarebbe molto lungo. Il problema è uno solo: sono persone come Mastrapaqua e Fornero che decidono della vita di decine di milioni di persone: tagliando salari, diritti, pensioni.

Fonte: Il Manifesto
 

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