Delrio, grande impegno sulla ricostruzione ma le cose si possono fare meglio
ASSISI - Sulla ricostruzione del centro Italia dopo il terremoto "c'è stato e c'è un grande impegno e poi le cose che si fanno bene si possono sempre fare meglio": ad affermarlo è stato il ministro per le infrastrutture e i trasporti Graziano Delrio ad Assisi a margine del suo intervento al convegno su "Una politica lungimirante per la casa" inserito nel programma del Cortile di Francesco. Ma per Delrio ci sono anche alcune cose che "non hanno funzionato" e in particolar modo ha indicato la "catena Regioni-Comuni-Stato che non sempre è stata fluida come potrebbe essere ma c'è massimo impegno e volontà per farla funzionare sempre meglio", ha detto.
"Però credo - ha aggiunto - che rispetto all'esperienza che io ho vissuto per il terremoto dell'Emilia, sapendo che tante persone meritano molto di più di quello che hanno ricevuto nelle aree terremotate, quello del centro Italia è stato un post-sisma impostato completamente in maniera nuova andando ogni mese a chiedere risorse e provvedimenti".
Sabato
16/09/17
13:36
Perché risarcire i privati?
La politica fin qui attivata dal Nostro Stato è di farsi carico con soldi pubblici della ricostruzione del patrimonio immobiliare delle zone colpite dal sisma.
A mio parere, è una politica di corto respiro e, per certi versi, anche ingiusta.
"Di corto respiro", perché, come fatto notare anche da altri, non inserisce le zone disastrate in un progetto di ripresa economico/sociale più generale che invogli i residenti restare nelle zone disastrate e," ingiusta", perché determina un vantaggio patrimoniale SOLO per i proprietari d’immobili che se li vedono ristrutturare gratis a spese dello Stato.
Chi non possiede immobili non avrà alcun vantaggio patrimoniale.
Perché si aiutano i proprietari d’immobili? Che cosa contengono gli immobili di così prioritario per lo sviluppo delle zone colpite da grandi calamità, da renderli una spesa prioritaria rispetto a quelle d’investimento o di sostegno all’economia?
In realtà sarebbe solo dall’individuazione delle prospettive di rinascita economica che si dovrebbero stabilire le priorità d’intervento, se si vuole governarlo. E’ su questa prioritaria questione, che dovrebbe incentrarsi il dibattito politico e la definizione delle priorità di spesa, piuttosto che le procedure per ricostruire in fretta le abitazioni distrutte, senza sapere neppure chi e perché, poi qualcuno, dovrebbe andare ad abitarle.
Resta poi, senza risposta razionale la domanda a carattere generale: perché lo Stato aiuta i proprietari di edifici delle zone colpite da calamità naturali a ricostruirle?
Evidentemente per lo Stato questi immobili hanno una valenza sociale che va tutelata dalla restante collettività nazionale.
A MIO AVVISO, qualunque sia l’ipotesi di sviluppo LO STATO, in quanto, entità finalizzata al benessere generale, DOVREBBE avere ben chiaro cosa, (in un immobile o paese) é LA COMPONENTE SOCIALE da quella che è invece é la COMPONENTE PRIVATA, che dovrebbe essere gestita con spese a carico del privato.
In carenza di RISORSE STATALI, le risorse pubbliche DEVONO necessariamente essere INDIRIZZATE prioritariamente VERSO IL RECUPERO DELLE FUNZIONI CHE HANNO VALENZA SOCIALE E NON verso quelle che hanno NATURA PRIVATISTICA.
Nasce il problema di stabilire quali siano le funzioni che hanno valenza sociale?
Certamente ha valenza sociale la CONFORMAZIONE ARCHITETTONICA del paese nel suo insieme se costituisce un elemento paesaggistico o caratteristico dei luoghi o della loro identità storico/culturale (nasce il problema POLITICO (il commissario questo dovrebbe affrontare) se sfruttare o meno la triste occasione per varare leggi a valenza locale, che consentano di sistemare brutture e urbanistiche o prevedere nuovi servizi pubblici (derogando temporaneamente dalle stringenti e astruse norme urbanistiche nazionali).
Sono un bene “sociale” anche le STRUTTURE PORTANTI degli edifici (di tutti gli edifici, anche quelli non lesionati), perché le spese per i consolidamenti dell’esistente diventino investimenti sociali che contribuiranno a limitare i danni e spese dello Stato, qualora le zone colpite venissero interessate nuovamente da altri prevedibili eventi sismici.
Non basta, vi sono poi EDIFICI A VALENZA STORICO ARTISTICA particolare, quali i monumenti, le mura cittadine e altri edifici di culto che, indipendentemente dalla loro ambientazione urbanistica, rivestono caratteristiche di pregio che impongano allo stato di preservarli perché patrimonio della nostra storia e cultura.
Tralasciamo le infrastrutture pubbliche o le misure per lo sviluppo a sostegno dell’economia la cui utilità sociale è evidente seppure organica all’eventuale piano di sviluppo.
I lavori citati devono quindi essere a carico dalla collettività, perché ricostituiscono i valori ambientali del luogo e consentono di restituire ai paesi danneggiati, il loro aspetto urbanistico (migliorato) che faccia riprendere subito le normali attività sociali e di relazione, all’interno dell’abitato e rispondono ad un disegno finalizzato a mettere in sicurezza le costruzioni da altri prevedibili sismi.
Queste funzioni a valenza sociale non comprendono le spese per il recupero degli alloggi inseriti negli edifici che sono e restano beni privati.
L’intervento statale quindi dovrebbe limitarsi a finanziare solo ciò che è visibile dall’esterno (negozi inclusi) o per semplificare, tutto ciò che è condominiale (tetti, gronde, infissi intonaci e tinteggi, negozi a piano strada, con relativi interni, i portoncini d’ingresso agli alloggi, comprese le scale interne e i portoncini degli alloggi) perché solo queste parti degli edifici costituiscono una componente architettonica che deve essere salvaguardata.
Restano poco giustificabili i contributi statali per la ristrutturazione e ammodernamento degli alloggi dei privati che si trovano all’interno degli edifici danneggiati.
Se non inseriti in edifici vincolati, questi interventi costituiscano un bene patrimoniale senza valenza sociale in senso stretto.
Ciascun proprietario se li rammoderni come gli pare… ma sue spese!
Al più lo Stato potrebbe intervenire con una piccola quota di solidarietà valida per tutti, magari con la concessione di mutui agevolati per chi desidera attivarli.
Non trovo motivazioni per dare di più, visto che, casomai, in un’ottica generale lo Stato dovrebbe aiutare prima quei cittadini delle altre zone più povere del paese che la casa non la possiedono affatto.
Se la spesa statale seguisse questi principi la fruibilità dei borghi e delle cittadine, interamente distrutte, non sarebbe necessariamente legata alla ricostruzione anche degli interni dei singoli edifici o alle bizze della compagine proprietaria e quindi i paesi danneggiati assumerebbero la loro fruibilità urbanistica, architettonica e sociale in tempi molto più rapidi anche se alcuni alloggi interni ai fabbricati ristrutturati restassero ”al grezzo”.