PERUGIA - La crisi del metalmeccanico va ben oltre la questione “Antonio Merloni”. Nella provincia di Perugia sono in atto diverse e delicate vertenze, che riguardano aziende collocate in territori per i quali, per anni, hanno rappresentato il fulcro economico e lavorativo. Le crisi di queste realtà minaccia, così, di stravolgere non solo l’assetto dello sviluppo e dell’occupazione, ma anche quello sociale e della qualità della vita dei cittadini: l’eventuale ricollocazione delle centinaia di lavoratori ad oggi coinvolti nelle vertenze o costretti agli ammortizzatori sociali sarebbe uno scoglio durissimo da superare.

E’ per questo che la Uilm dell’Umbria, analizzando da vicino alcune di queste realtà aziendali in difficoltà, lancia l’appello per una ritrovata iniziativa a livello regionale e non solo. “E’ ora – sottolinea il segretario regionale, Umbro Conti – di smettere di pensare come se fossimo tutti ragionieri o notai: bisogna passare alla pratica, prima di tutto convocando un tavolo allargato a Confindustria, Regione, Province, Governo nazionale e sindacati per trarre un quadro chiaro della salute del comparto. Dopo ciò, si potranno delineare i percorsi da intraprendere per aiutare e sostenere le realtà della provincia di Perugia e dell’Umbria.

E’ ormai prioritario aprire una nuova fase, in cui ognuno sarà chiamato a pensare lo sviluppo per l’insieme delle aziende. Va da sé che i primi a scendere in campo a garanzia delle aziende devono essere Regione, Province e Comuni, che devono tutelare e accompagnare le imprese in questo periodo di crisi”. Come anticipato, non si parla solo dell’Antonio Merloni, la cui vertenza ha raggiunto picchi di massimo allarme: “A riguardo – sempre Conti – invochiamo l’intervento deciso e definitivo, al di là delle mere dichiarazioni di facciata, da parte del Governo nazionale. Sono in ballo mille posti di lavoro e il futuro di altrettante famiglie, umbre e marchigiane”. In Umbria sono diverse le aziende metalmeccaniche in stato di forte difficoltà. A dimostrarlo, il dato della cassa integrazione relativo all’industria, che tra giugno e luglio è aumentata del 65,3%, mentre altri settori, vedi commercio, edilizia e artigianato, hanno registrato sensibili riduzioni.

“Ci aspettiamo – commenta Conti – un autunno molto caldo. Dobbiamo affrontare vertenze delicate, come quella della Ims di Spoleto, dove 80 lavoratori su 400 hanno il contratto prossimo alla scadenza. A settembre avremo un incontro per valutare la situazione, ma permangono molto dubbi: urge l’intervento da parte delle istituzioni, che finora non sono riuscite a svolgere un ruolo attivo. Altra situazione complicata è quella della Faber di Fossato di Vico, azienda nella quale stiamo cercando di gestire al meglio la cassa integrazione ordinaria, in modo tale guadagnare il maggior tempo possibile. Ma non si può pensare di trascinare i lavoratori tra settimane corte o un giorno di fermo ogni sette ancora per molto. Anche in questo caso, nel mese di settembre valuteremo i piani industriali della multinazionale, per capire con chiarezza quale sarà il futuro dell’azienda e dei lavoratori”.

La musica non cambia alla Minerva di Spoleto, dove “il nuovo imprenditore purtroppo non ha portato quel cambiamento che ci auspicavamo in termini di occupazione: sessanta persone sono senza lavoro”. Mentre alla Nardi si è arrivati all’accordo di mobilità per 15 lavoratori: un provvedimento dettato dalla riduzione delle commesse. “Si tratta – conclude Conti – di un quadro allarmante, nel quale non sono state prese in considerazione le tante piccole e micro aziende locali, nelle quali il sindacato è assente. Se si analizzassero anche queste realtà, avremmo in mano una situazione ancora più drammatica”.

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