CITTA'NDI CASTELLO - I consiglieri di Castello Cambia Emanuela Arcaleni e Vincenzo Bucci chiedono attraverso una mozione “l’istituzione di una Commissione Antimafia ed Educazione alla Legalità del Comune di Città di Castello”. L’obiettivo è di operare, “con le opportune collaborazioni”, su due ambiti: “l’educazione alla legalità, soprattutto tra i giovani”, organizzando “iniziative pubbliche di sensibilizzazione sul tema delle mafie e del rispetto delle legalità, anche in collaborazione con gli Istituti scolastici e le associazioni del territorio; il “monitoraggio sulle attività economiche del territorio comunale”, attraverso l’impegno a stabilire una interlocuzione periodica “con le sedi istituzionali come la Prefettura, la magistratura e le forze dell’ordine, con i quali poter ulteriormente sottoscrivere un protocollo di intesa e di collaborazione permanente”.

“Il nostro territorio dell’Alta Valle del Tevere è sostanzialmente sano, ma i resoconti pubblicati dai mezzi di comunicazione hanno reso noto il verificarsi di pesanti infiltrazioni mafiose in Umbria”, osservano Arcaleni e Bucci nel richiamare l’attenzione sul fatto che “anche il territorio comunale di Città di Castello ha visto operare organizzazioni criminali: come la camorra, a San Secondo, dove la Procura di Firenze ha confiscato una villetta e quattro lotti di terreno edificabile al clan Terracciano; come la ‘ndrangheta, data l’operazione Stige condotta dal procuratore Gratteri che ha inserito nella lista nera antimafia la ditta Corbo spa che doveva portare a termine i lavori per piazza dell’Archeologia nel quartiere Prato”.

Gli esponenti della minoranza sottolineano il fatto che “il ruolo dei Comuni è quello di essere una sorta di centralina che monitora il territorio per conoscere, prima, e mettere in atto poi le politiche più opportune anche e soprattutto nel campo della legalità e dell’educazione alla legalità”, rimarcando che “in questo ruolo di educazione alla legalità il Comune deve collaborare con le scuole, con le figure istituzionali preposte, con le forze dell’ordine e con le associazioni no profit presenti nel territorio”.

A supporto dell’istanza, Arcaleni e Bucci ricordano come le normative antimafia recentemente abbiano accentuato l’attenzione sugli elementi indiziari e abbiano operato per rendere più stringenti ed efficaci le procedure. I consiglieri di Castello Libera segnalano che è stata ampliata “la categoria dei soggetti obbligati a richiedere la certificazione antimafia allo scopo di prevenire le infiltrazioni o i condizionamenti mafiosi nei confronti delle imprese” e che sono state estese le fattispecie di reato all’“omessa denuncia di usura ed estorsione, ai subappalti non autorizzati, al traffico illecito di rifiuti, alla turbata libertà degli incanti”.

Con riferimento alla documentazione antimafia, Arcaleni e Bucci rilevano in particolare che “la pubblica amministrazione può venire a conoscenza, preliminarmente, dell’esistenza, o meno, di divieti, impedimenti e situazioni indizianti di ‘mafiosità’ a carico dei soggetti che si pongono in relazione con essa”, ad esempio per licenze, autorizzazioni, stipula di contratti e altro.

 

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