Caso Calabrese, l'intervento di Paolo Brutti
L’assessore ai lavori pubblici del Comune di Perugia, Francesco Calabrese, ha fatto riferimento al lavoro della Commissione regionale antimafia, che presiedo, nel suo ragionamento sulla recrudescenza della criminalità a Perugia, a cominciare dalle ripetute “spaccate” nel centro storico. Non nego che il connotato di questi atti, ad alto rischio e scarsi risultati diretti, può somigliare ad azioni di vera e propria intimidazione. Le indagini ci diranno di più. Ma se così fosse bisognerebbe concludere che i colpi delle forze dell'ordine, Questura in testa, che settimanalmente smantellano e arrestano intere bande di malfattori, sono andati a segno e hanno spezzato antichi equilibri. L'iniziativa di contrasto ha reso meno sicuri i cartelli del narcotraffico e le organizzazioni malavitose presenti nel nostro territorio, dando vita a reazioni violente e incontrollate.
L’Umbria - e Perugia non fa certo eccezione - è un territorio fortemente contaminato dalla criminalità organizzata. E' ozioso e inutile perdersi in graduatorie, in atteggiamenti rassicuranti, in opinabili rivendicazioni sulla rettitudine del popolo umbro. Mentre si discute di queste cose la camorra ricicla a tutto vapore, la ‘ndrangheta rileva attività commerciali con metodi sempre più intimidatori, la mafia si infiltra nel tessuto sociale e istituzionale, le cosche nigeriane, albanesi, magrebine e cinesi si spartiscono qualsiasi attività dove si incassino quattrini velocemente. E se il gioco d’azzardo viene “statalizzato” meglio ancora: non è l’illegalità a richiamare le mafie, sono semplicemente i milioni di euro.
E’ innegabile che per anni, e ancora oggi, si è cercato di non allarmare i cittadini. Appelli più che altro di circostanza, alzate di spalle nei confronti di chi metteva in guardia sul lento e inesorabile degrado del nostro territorio, con riflessi evidenti sugli indici di sviluppo di una Regione lentamente regredita rispetto ad altre realtà analoghe, sottovalutazione del fenomeno. Mai un segnale forte di ribellione civile, mai una chiamata alla mobilitazione generale. Parlare di contiguità, allo stato delle cose, appare sinceramente fuori luogo. Ciò che però rilevano gli esperti e le massime autorità giunte da altre parte d’Italia, è che in Umbria non si percepisce quella soglia di attenzione commisurata al problema. Nella recente operazione anti-‘ndrangheta, che ha visto numerosi imprenditori taglieggiati collaborare con magistratura e carabinieri, la collaborazione è giunta all’arrivo dell’Arma: prima che i carabinieri bussassero alla porta, gli stessi commercianti, nella solitudine e nel silenzio, erano stati pestati a sangue, ricattati, defraudati. Questa è la verità, altro che anticorpi naturali presenti nel nostro tessuto sociale. E non è sbagliato dire che l’attuale Giunta comunale perugina si ponga in termini nuovi rispetto al fenomeno. C’è ancora tantissimo da fare, ultimamente la nostra commissione ha stretto un accordo con l’Università degli Studi per monitorare le stesse spaccate, gli incendi, i passaggi di licenza commerciale per vedere se c’è un’intelligenza unica dietro a questi fenomeni, bisogna denunciare con quanto fiato si ha in gola l’impatto devastante del gioco d’azzardo (tra pochi anni piangeremo sul ritardo imperdonabile con il quale si è affrontato questo capitolo), bisogna che Stato, Regioni e Comuni siano infinitamente più veloci e aggressivi nel contrastare mafia e crimine organizzato. E bisogna che i pruriti elettorali si mettano in secondo piano: quando i cani da guardia si azzuffano tra loro per i ladri è sempre festa.
Paolo Brutti
Presidente Commissione regionale
“Analisi dei fenomeni di criminalità organizzata e tossicodipendenze”
Giovedì
26/02/15
19:08
Finalmente un'analisi degna di considerazione.
Venerdì
27/02/15
01:10
In Umbria non c'é criminalità organizzata?
Ma se si intende un aggregato di interessi finalizzati a fare affari forzando le leggi esistenti a favore di piccoli gruppi di interesse locale... allora temo che il fenomeno sia ancor più esteso e antico di quello evidenziato nell'articolo.
In Italia da sempre la "corruzione" si é sviluppata nel pubblico ove l'apparato burocratico è meno soggetto a controlli e si maneggiano più soldi. D'altro canto tra privati chi si dovrebbe corrompere? Tra privati basta la minaccia e la violenza per quei pochi che non vogliano partecipare all'affare.
Prendendo spunto dalla nostra regione ove la "sinistra" detiene da mezzo secolo la maggioranza nei comuni é sempre esistito il vezzo di "aiutare" il "compagno " in quanto " si diceva :"così fanno anche i democristiani dove governavano loro".
Tutti i dirigenti negli anni 70 e 80 erano scelti in base alla loro appartenenza politica.
In effetti la stessa cosa avveniva nelle regioni "bianche" (Vedi le gestione "lottizzate" del terremoto del Friuli e quello Umbro marchigiano.)
In Umbria, come altrove, la "lottizzazione" politica nelle assunzioni e nei concorsi pubblici era evidente per chi aveva sufficiente obiettività per vederla e onestà intellettuale per riconoscerlo.
In Umbria il caso CRUED é stato l'apice di questo sistema dove le aziende pubbliche venivano fondate e sostenute più nell'interesse di chi le fondava, che per servizi offerti ai cittadini, che invece spesso dovevano sopportarne i costi fuori mercato senza protestare.
Non é unico caso in Italia; ancor oggi siamo pieni di municipalizzate ed enti inutili con il medesimo scopo.
Oggi i pubblici funzionari, a cui Bassanini ha delegato gran parte del potere economico e decisionale, non decidono più solo in base a desuete ideologie (seppure ancora esiste in qualche vecchio "compagno" che non riesce proprio a valutare prioritariamente le competenze e il merito), ma piuttosto in base alla convenienza personale o del gruppo di interessi a cui il dirigente, anche in buona fede fa riferimento.
Potremmo dire che, i dirigenti, anche inconsapevolmente "si arrangiano" per riconoscenza o per un piatto di lenticchie.
A volte ne ricavano la riconoscenza dei potenti e spesso quelle dei politici di riferimento (come si giustificherebbero altrimenti i premi di produttività, difesi a spada tratta dal politico che si rifiuta di ridurli).
Lo scandalo "appalti e favori" (funzionari che aggiustavano le gare perché vincesse una ditta predeterminata) ha dimostrato il livello raggiunto in Umbria da questi piccoli interessi personali, ma ha anche dimostrato la grande influenza che le categorie associative hanno nell'orientamento delle decisioni pubbliche e nell'organizzazione e promozione dei grandi affari.
La formula della corruzione quindi ha assunto sfaccettature più velate sapientemente ammantate da legalità.
Tutto sommato la ricetta della nuova mafia é semplice: Crea un bisogno da soddisfare, poi costruisci un gruppo di aziende legate alle associazioni di categoria in grado di soddisfarlo; Ricerca i finanziamenti pubblici, attivando i politici a Roma o quelli regionali o quelli di Bruxelles che possano finanziarlo con danaro pubblico, concorda i requisiti da inserire nel bando che solo il tuo gruppo di aziende possiede, (se necessario fraziona l'appalto per evitare gare europee) bandisci una gara rigorosamente mediante il metodo della "offerta più vantaggiosa"; scegli i membri della commissione esaminatrice tra tuoi amici e istruiscili a dovere perché "scelgano" l'offerta più vantaggiosa.
Durante i lavori fai proporre alla impresa delle varianti "migliorative" ma solo perché a parità di prezzo creano un maggior margine di utile alle imprese che le propongono e poi collauda il tutto senza andare a cavillare se i lavori non sono proprio a regola d'arte.
Ora ricomincia daccapo.
Si tratta di corruzione? in Umbria non c'é mafia? non saprei, perché spesso non si scambia denaro, ma favori politici e voti, una cosa é certa: si perseguano interessi privati e non pubblici, ma qui, a parte i reati, entriamo in un'altro capo: quello dell'etica. Ne parleremo forse in altra occasione.