CASTIGLIONE DEL LAGO – Solo nell’ultimo anno 13 detenuti del carcere di Capanne sono stati inseriti nel mondo del lavoro. Merito del Progetto “Intra” che, gestito dalla Cooperativa sociale “Frontiera Lavoro”, ha coinvolto una novantina di detenuti in quattro diversi corsi di riqualificazione professionale (per addetti alla cucina, alla piccola manutenzione, alla conduzione di imprese agricole e all’abbigliamento). Da questo tipo di esperienze è  stato possibile anche implementare le attività produttive dell’azienda, la “Fattoria Capanne”, i cui prodotti agricoli possono essere acquistati ogni settimana al Mercato Coperto o a quello di Pian di Massiano.

I percorsi di crescita personale e professionale sono solo uno degli aspetti più significativi della nuova, positiva stagione che stanno vivendo i carceri italiani, tra cui quello perugino. Una fotografia della realtà detentiva nazionale e locale è stata fornita questa mattina a Castiglione del Lago, in un incontro che gli studenti dell’Istituto superiore “Rosselli” hanno avuto con il direttore della Casa circondariale di Capanne, Bernardina Di Mario, con il commissario di Polizia penitenziaria Andrea Tosoni e tre detenuti. Hanno partecipato anche Clara Salvi dell’Associazione perugina Volontariato e Luca Verdolini e Paola Bonelli di “Frontiera Lavoro”.

Trattamenti personalizzati, esperienze formative ed istruttive, percorsi di reinserimento lavorativo: le carceri italiane, secondo le informazioni fornite dai diretti interessati, si stanno sempre più orientando verso nuove modalità di detenzione. Dopo un periodo critico, conosciuto tra il 2009 e il 2012, che ha creato un inarginabile afflusso di soggetti (69.000 detenuti sul territorio nazionale, a fronte di una capienza di 45.000 unità), tanto da procurare al nostro paese nel 2013 la condanna della Corte Europea dei diritti umani, l’Italia ha iniziato a ripensare la funzione della pena, in termini di reinserimento e rispetto della dignità umana. Questo anche a Perugia, dove si è passati da una situazione incandescente, che ha avuto il suo apice nel 2012 con 630 detenuti (a fronte di una capienza tra i 450 e i 480 posti), agli attuali 350 ospiti.

“Oggi stiamo vivendo una situazione ottimale e di fermento”, ha commentato la direttrice dell’Istituto di Capanne Di Mario. “Frutto di un percorso che ha visto l’Amministrazione penitenziaria mettere al centro dell’attenzione il “reinserimento”, ovvero la rimozione dei fattori che sono stati ostacolo alla crescita della persona spingendola a commettere il reato. E’ cambiato il nostro modo di agire – ha proseguito Di Mario -; abbiamo messo in atto percorsi trattamentali differienziati sulla base di una approfondita conoscenza della persona. Abbiamo aperto gli spazi in maniera proporzionale al grado di affidabilità del detenuto”.

Così facendo sono diminuite le tensioni tra gli ospiti e tra loro e il personale, tanto che i rapporti disciplinari sono stati abbattuti dell’80%. In questo percorso, a detta della direttrice Di Mario, si sono rivelati di fondamentale importanza gli interventi delle Istituzioni esterne (Regione, Provincia e Comune di Perugia) “che hanno riempito di contenuti  il tempo della detenzione”.  Ora la città tutta collabora con il carcere, e questo è diventato parte integrante della stessa. “La strada imboccata è quella giusta – sono ancora le parole della direttrice -: ogni politica di segregazione crea caos, e il caos crea insicurezza. Le politiche di inclusione al contrario creano ordine e l’ordine crea sicurezza”.

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