da INVICTUS.

“Dopo quello che ho passato, cosa vuoi che possa farmi un uomo coi guantoni?”. Era la frase che, come un mantra, quell'uomo ripeteva a chiunque prima di salire sul ring. Non aveva paura del suo avversario. Troppi demoni albergavano nel suo passato. La sua storia, il suo trascorso l’avevano plasmato, fortificato, segnato per sempre. Tutto ciò che aveva commesso, aveva tatuato per sempre il suo animo. In un tempo lontano era solo un ragazzino innamorato di una ragazza. La crudeltà, l’efferatezza l’avevano mutato. Aveva iniziato a combattere per sopravvivere. Aveva ucciso per sopravvivere. Questa è la storia di un uomo, di un sopravvissuto. Questa è la storia della “Belva Giudea”.
Hertzko Haft nasce il 28 luglio del 1925 a Belchatow, Polonia. È l’ultimo di otto figli. Gli Haft non navigano nell'oro, vivono di stenti. Il papà vende frutta e verdura. Ben presto il tifo se lo porta via e la famiglia Haft viene affidata al figlio maggiore, Aria. Hertzko è un ragazzino intelligente, sveglio. La sua infanzia è segnata dalla miseria e dalle botte. Il primo settembre del 1939, i tedeschi invadono la Polonia. Belchatow viene occupata il 5 ottobre. La vita per gli Haft si fa sempre più dura. Sono ebrei e poveri. Dall'arrivo dei tedeschi, vivono nel ghetto. Per campare si dedicano al contrabbando. Hertzko fa da “mulo”, trasporta la merce. È coraggioso e scaltro. Nelle sue “spedizioni” deve essere veloce e attento a non farsi sorprendere dai tedeschi. È giovane e innamorato. S’innamora perdutamente di Leah Pablanski, una ragazza ebrea. Le giura eterno amore e sogna di sposarla. Sogna una vita “normale” accanto alla sua Leah. Quel sogno è destinato a svanire. Un giorno, Aria è chiamato alla “registrazione”. La “registrazione” è l’anticamera del campo di concentramento. Hertzko, con coraggio, decide di salvare il fratello. Aria riesce a scappare, Hertzko viene arrestato dai tedeschi. Viene picchiato, gli rompono le mani. Viene mandato nel campo di prigionia di Poznan. È il 1941. Successivamente viene trasferito a Strzelin. Il 2 settembre del 1943, viene messo su un treno e deportato ad Auschwitz. Nonostante le botte, le umiliazioni, gli stenti, Hertzko è ancora vivo. È l’amore, il pensiero costante per Leah e la “fortuna” che l’hanno tenuto in vita. È il prigioniero matricola n°144738. Poco dopo viene trasferito a Jaworzno. È giovane, è abile al lavoro. È destinato al lavoro in miniera. In quel giovane vispo, un ufficiale delle SS del campo intravede una miniera d’oro. Lo prende sotto la sua “protezione”. Gli insegna i rudimenti della boxe. Per quell'ufficiale Hertzko è un pugile nato. Gli propone di combattere con altri prigionieri. Sono match “particolari”, all'ultimo sangue. Le regole sono semplici. Se vinci sopravvivi e hai razioni di cibo extra, se perdi c’è la morte. Haft non ha scelta: accetta. Tutte le domeniche è forzato a combattere per soddisfare il sadismo, l’avidità dei nazisti. Su quei macabri incontri girano soldi e scommesse. Gli avversari sono uomini ridotti ad un cumulo di ossa, sfibrati e sfiancati dalla sofferenza e la crudeltà. Tutte le domeniche quei combattimenti vedono un vincitore: Hertzko. Quelle vittorie gli danno una razione di cibo in più, un giorno di vita in più. Per ben 75 volte Haft vince e sopravvive. Per tutti ormai è la “Belva Giudea”.
L’Armata Rossa avanza, i tedeschi si ritirano. Hertzko con altre migliaia di prigionieri è costretto alla Todesmarsch, alla marcia della morte. La sopravvivenza non dipende più dall'ufficiale delle SS, dai combattimenti. Il 13 febbraio del 1945 raggiunge il campo di Flossenburg. La fame attanaglia i sopravvissuti. Assiste ad atti cannibalismo. Pur di sopravvivere, l’uomo è costretto ad uccidere e a cibarsi del suo simile. La marcia riprende. Hertzko decide di scappare. In maniera rocambolesca riesce a sfuggire all'attenzione delle guardie naziste. Durante la fuga uccide un soldato tedesco e si appropria dell’uniforme. È in Baviera, in Germania. Affamato, spacciandosi per un soldato della Wermacht trova ospitalità in una fattoria. I proprietari, due anziani, ben presto s’insospettiscono. Haft teme di essere scoperto. Li uccide. Continua a girovagare per i boschi, affamato. Viene trovato dai soldati americani.
La guerra è finita. Hertzko è sopravvissuto. Torna a Belchatow. Scopre che gran parte della sua famiglia è stata deportata a Treblinka. Cerca anche l’amata Leah. Non la trova. Di lei non si hanno notizie.
Nel 1946 decide di tornare a combattere sul ring, d'altronde è l’unica cosa che sa fare. Questa volta non si tratta d’incontri all'ultimo sangue, ma semplicemente di sport. Si iscrive ad un torneo per sfollati ebrei. Vince. Hertzko con quella vittoria capisce che il suo futuro è nella boxe, ma lontano dall'Europa.
Nel 1948 si trasferisce negli USA. Cambia il suo nome in Harry. Intraprende la professione di pugile nei pesi massimi. L’inizio è folgorante. Dieci vittorie consecutive nei primi dieci incontri. La sua carriera sembra promettente, ma una serie di sconfitte ne decreta la parabola discendente. Il 18 luglio del 1948, a Providence, Harry Haft ha un’ultima chance. Il suo avversario è un astro nascente, è Rocky Marciano. Il match dura tre round, Harry è al tappeto, la sua carriera è finita.
Nel 1949 sposa Miriam Wofsoniker dalla quale avrà tre figli. Apre un negozio di frutta e verdura. Non naviga nell'oro. È un uomo violento, burbero, scontroso. Un uomo segnato dal suo atroce passato. Sa a mala pena leggere e scrivere. È arrabbiato con il mondo intero. Tutti gli ricordano il suo incontro con Marciano. A tutti risponde che quel match doveva perderlo. Era truccato. La Mafia gli aveva “consigliato” di andare al tappeto.
Un giorno del 1963, il telefono di casa Haft squilla. È l’associazione sopravvissuti di Belchatow. Dopo quella telefonata, Harry decide di andare in Florida. Il suo non è un viaggio di piacere. Si presenta davanti la porta di casa Lieberman. Sta cercando Leah. Era sopravvissuta, l’associazione aveva comunicato a Hertzko di averla trovata. Aveva cambiato nome, si era sposata ed aveva una figlia. Quel giorno Hertzko riabbracciò Leah. Lo fece per l’ultima volta. La sua amata e mai dimenticata Leah era malata di cancro, era alla fine del suo viaggio. Abbracciandolo gli sussurrò “Ikh hob dikh keymol nit fargesn”, non ti ho mai dimenticato.
Hertko Haft, nel 2007, è stato inserito nella National Jewisch Sports Hall of Fame. Morì pochi giorni dopo
Questa è la storia di Hertzko Haft. È la storia di un uomo, un sopravvissuto. L’atrocità, la violenza, la follia trasformarono quell’uomo in una belva…la “Belva Giudea” …
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