Lo spread è la differenza tra due tassi d’interesse. Nello specifico, è la differenza tra i tassi di interesse che pagano sul proprio debito i Paesi periferici dell’euro e il tasso pagato sui titoli della Germania. Lo spread tende ad aumentare quando il mercato inizia a contemplare l’eventualità di una caduta del valore dei titoli dei Paesi periferici. Per convincere i mercati a trattenere i titoli e magari ad assorbirne di nuovi, bisogna offrire un tasso d’interesse più elevato. In genere è così che lo spread inizia la sua inquietante scalata. Fin dalla nascita dell’euro, e in modo ancor più accentuato a partire dalla crisi del 2008, gli spread dei paesi aderenti alla zona euro hanno presentato correlazioni non tanto con il deficit e il debito pubblico, quanto piuttosto con il deficit e il debito verso l’estero, sia pubblico che privato. In altri termini, non è l’eccesso di spesa pubblica sulle entrate fiscali a preoccupare tanto, quanto piuttosto l’eccesso di importazioni sulle esportazioni verso l’estero. Un eccesso che si concentra nei paesi periferici dell’Unione e che rappresenta l’immagine speculare del surplus di esportazioni tedesco. Rispetto alla vulgata, che si concentra pressoché esclusivamente sui pericoli derivanti dai bilanci pubblici, questi risultati appaiono sorprendenti. Eppure, la loro spiegazione è semplice.

Gli alti tassi d’interesse, e quindi anche gli alti spread rispetto ai tassi tedeschi, si spiegano con il fatto che gli operatori sui mercati prevedono non semplicemente un fallimento di alcuni Stati, quanto piuttosto un loro sganciamento dall’Euro e una svalutazione del cambio. In particolare, in una fase di crisi come l’attuale, i Paesi in deficit commerciale verso l’estero potrebbero vedersi costretti a un certo punto ad abbandonare la moneta unica, riconquistare la sovranità monetaria e svalutare la moneta nazionale. Se dunque lo spread sale, ciò significa che gli operatori finanziari non prevedono semplicemente un default di alcuni Stati, ma si attendono che questi abbandonino la zona euro. Chi contempla questa eventualità risulterà disposto a trattenere i titoli dei Paesi a rischio di sganciamento solo in cambio di tassi d’interesse più elevati. Pertanto, l’evento che appariva inconcepibile appena pochi mesi fa, ora viene scontato nei valori effettivi ai quali si scambiano i titoli sui mercati finanziari. Ed è bene ricordare che tale sconto avviene sui titoli sia pubblici che privati: la previsione di una uscita dall’euro modifica non solo i debiti dello Stato ma anche delle banche, delle imprese e delle famiglie.

di Emiliano Brancaccio e Marco Passarella, autori di L’Austerità è di destra. E sta distruggendo l’Europa (Il Saggiatore, Milano 2012). Nel 2008 Brancaccio scrive il saggio Deficit commerciale, crisi di bilancio e politica deflazionista, nel quale anticipa il tema di un’Europa divisa tra Nord e Sud e prevede la crisi degli spread.

Fonte: Left - da: controlacrisi.org

 

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