Circa un migliaio. Tanti saranno i delgati del partito democratico chiamati a partecipare all'assemblea dem di oggi. Una riunione che si prennuncia infuocata e che, a detta di molti, potrebbe tradursi in una resa dei conti tra il premier-segretario Matteo Renzi e le ormai diverse anime della minoranza interna. Anche se proprio Renzi punta in realtà ad allontanare lo strappo. La ribellione è esplosa in commissione Affari costituzionali alla Camera, dove procedono a fatica le riforme delle istituzioni e della legge elettorale, mentre sullo sfondo aleggia lo spettro del Quirinale. Ieri è stato Pippo Civati a parlare per la prima volta apertamente della possibilità di una scissione. Ipotesi però non condivisa dai vari Pierluigi Bersani, Gianni Cuperlo e gli altri che, seppur per nulla soddisfatti della linea portata avanti da Renzi, continuano a credere che l'opposizione vada fatta dall'interno del partito e non attraverso una divisione. E anche Rosy Bindi e Massimo D'Alema, che sul Fatto Quotidiano ha anticipato il suo forfait all'appuntamento di oggi e che secondo il premier sono al lavoro per trovare un suo sostituto a Palazzo Chigi, continuano almeno a parole a bocciare qualsiasi ipotesi di rottura definitiva.

Renzi, dal canto suo,  di fronte al pericolo di una scissione, per quanto minima, introdurrà il suo discorso all’assemblea nazionale del Pd con un’analisi dei passi compiuti insieme negli ultimi anni: "Non rivendico meriti, non voglio coccarde - dirà Renzi -. Ma vorrei ricordarvi dell’impresa che insieme abbiamo fatto, che voi avete fatto. Avete preso un partito che aveva non vinto in Italia e lo abbiamo trasformato nel partito più votato d’Europa".  Intervento in cui non ci sarà nessuna 'punizione' per la ventina di dissidenti che, secondo il premier, con i loro attacchi sbagliano bersaglio. Chi oggi minaccia scissioni, ci lo accusa di voler comprimere il dibattito interno, o la libertà dei parlamentari in realtà, è il ragionamento di Renzi, avrebbe rotto i patti di disciplina interna del partito e fatto un discorso che non sta in piedi "visti i temi che hanno sollevato, e con quale drammaticità", aggiungono da Palazzo Chigi. Per questo il premier-segretario ripeterà che il Pd è il motore delle riforme e chi vuole spaccarlo o metterlo in crisi rischia solo di fare male al Paese e non a lui.

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