L’assemblea convocata il 7 marzo 2012 presso circolo Lenin, per esaminare la grave situazione creatasi con l’arresto dei protagonisti di quel percorso politico che negli ultimi dieci anni ha fatto di Gubbio un laboratorio di civiltà, ha suscitato nelle numerose compagne e amiche presenti, la necessità di esprimere la propria indignazione circa l’uso inaccettabile che è stato fatto della figura femminile, sempre preda di atteggiamenti improntati al più becero maschilismo, in modo più o meno eclatante.

Nel caso specifico risulta inammissibile l’uso strumentale che - a dispetto delle stesse dichiarazioni leggibili nell’ordinanza di custodia cautelare - ha portato alla condanna “a priori”, con l’accusa infamante di violenza sessuale, l’ex sindaco Goracci per presunte avances risalenti a circa 2 anni fa, e solo ora rese note dalla sua accusatrice, forse giustamente frustrata per una mancata promozione.

La discussione, svoltasi in prossimità della data rituale dell’8 marzo, ha sollecitato tutte noi, donne di provenienza, età ed esperienze diverse, a riflettere sulle dichiarazioni delle esponenti del direttivo nazionale del PRC Bregola, Fantozzi e Rinaldi le quali, immediatamente dopo l’arresto di uomini e donne legati a Rifondazione, e prima ancora di aver letto l’ordinanza accusatoria, hanno emesso la loro sentenza dichiarandosi, senza neanche il dovuto beneficio d’inventario, “parte lesa come donne in primis, oltre che come esponenti di Rifondazione”.

A nessuna di noi sfugge il fatto che l’accusa di violenza sessuale può, giuridicamente parlando, configurarsi tale anche nel caso di avances verbali o di un abbraccio non condiviso, cosa che troviamo riprovevole quale manifestazione di quella cultura di stampo patriarcale che faticosamente cerchiamo di sconfiggere, ma sappiamo anche bene come, nel comune sentire, l’accusa di violenza sessuale sia sinonimo di stupro e sottenda pratiche ripugnanti e violente che macchieranno per sempre – anche dopo eventuale assoluzione – chi ne è stato incolpato, rendendolo spregevole e indifendibile anche agli occhi delle stesse compagne che ne apprezzavano l’agire politico.

Noi, in quanto donne consapevoli della mentalità patriarcale che permea anche i partiti e la cultura di sinistra e che spesso, inconsapevolmente, contamina in modo subdolo la stessa componente femminile, noi ribadiamo con fermezza il rifiuto di accettare come “normale” qualsiasi atteggiamento che porti all’uso del corpo femminile come oggetto, ma a maggior ragione rifiutiamo l’uso strumentale che, in clima di caccia alle streghe, trasforma una denuncia “verosimile” in denuncia “veritiera” (v. caso Assange) per mandare al rogo il presunto colpevole e con lui anche coloro – donne comprese – che ne condividono gli ideali e il lavoro a favore della comunità.

A noi, donne iscritte e non iscritte a Rifondazione, riunite in assemblea perché chiamate a capire cosa sta succedendo a chi ha amministrato Gubbio in questi anni, non sfugge che nel caso specifico un’accusa così formulata – strumentalizzando indirettamente e subdolamente il corpo femminile “di” e “in” tutte noi – ha rappresentato il punto di coagulo per infamare e “capitozzare” il gruppo politico che si è battuto in questi dieci anni CONTRO la termovalorizzazione, CONTRO la privatizzazione dei beni pubblici, CONTRO la riduzione a fonte di profitto privato dei beni comuni, CONTRO le discriminazioni dei diversi orientamenti sessuali e delle coppie di fatto; PER la riqualificazione delle campagne e del decoro cittadino, PER la tutela dei migranti e dei soggetti svantaggiati, PER lo sviluppo culturale della città in tutte le sue forme, ecc. ecc.
Non ci sfugge, in sintesi, che si è voluto fermare un progetto di “diversa civiltà”, al momento unico in Italia e potenzialmente emulabile.

Alle nostre amiche e compagne Maria Cristina e Nadia Ercoli, Antonella Stocchi, Lucia Cecili, va in questo momento più che mai tutta la nostra solidarietà e ammirazione per la dignità e il coraggio con cui stanno affrontando questo momento terribile.

Ai nostri amici e compagni Orfeo Goracci, Lucio Panfili, Graziano Cappannelli, Marino Cernicchi, ed a tutte le loro famiglie va la nostra solidarietà, e per tutte e tutti loro esprimiamo il desiderio e la speranza che la GIUSTIZIA, libera da qualunque pregiudizio di qualsiasi natura, faccia il suo corso in ossequio alle norme giuridiche e morali di rispetto dell’essere umano, punendo secondo equità e giustizia gli eventuali colpevoli per le colpe reali – se ci saranno – e non per i castelli costruiti ad arte e a servizio di un’opposizione al progetto politico che sognava “un mondo migliore”.

“L’assemblea delle donne” riunita a Gubbio il 7 marzo 2012
 

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